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Matteo Bortone

Travelers

Spesso le immagini utilizzate nelle copertine dei cd dicono molto di quanto poi si troverà fra le tracce dell’album e certamente, in questo caso, i binari fotografati sulla front cover di Travelers, ripresi poi all’interno del booklet anche con la presenza dei quattro protagonisti di questo lavoro, parlano di un viaggio.
Non un viaggio caotico, però, bensì un percorso che si potrebbe sintetizzare con la parola lentezza, un viaggio in cui davvero gustare, volta per volta, gli ambienti e le situazioni che si incontrano.

Matteo Bortone ha optato decisamente per un lavoro dagli arrangiamenti spogli, essenziali, del tutto privi di particolari ornamenti sonori: la batteria ed il contrabbasso stesso “lavorano” quasi sottotraccia ed ugualmente chitarre e fiati non spingono mai in modo deciso sul pedale dell’acceleratore.
Il risultato d’insieme è un album quasi meditativo, che procede per piccoli passi, che accenna, abbozza, ma sembra quasi restio ad impennate particolarmente vigorose, il che può essere, a seconda dei casi, un limite o un pregio; il limite, volendo, è una certa uniformità che “obbliga” l’ascoltatore ad una predisposizione totale all’ascolto, ma questo può anche essere, ragionando con un’ottica differente, un grosso pregio, poiché viene bandita ogni distrazione e ci si può concentrare sulla musica, senza altri pensieri o distrazioni.

Le undici tracce di questo lavoro compongono un quadro interessante; esprimono una musicalità che, volendo, potrebbe creare una sorta di ponte fra il jazz e la musica ambient: paragone non troppo azzardato, considerando che gli stilemi classici del primo vengono sicuramente superati, così come si tende a rendere la seconda meno lineare e più articolata.
Non mancano neppure alcuni passaggi più avanguardistici: Halfway, ad esempio, si sviluppa tra free jazz ed improvvisazione rumoristica, e pur non potendosi considerare certo musica contemporanea, nello stile di John Cage per intendersi, merita un ascolto attento, così come Gaudi’s foot non è poi così lontana da certe atmosfere tipiche dello sperimentalismo degli Area, specialmente durante la loro collaborazione con Steve Lacy.
Le molteplici collaborazioni internazionali hanno sicuramente offerto al contrabbassista di Otranto numerosi stimoli che ha in buona parte tradotto nei brani di questo album di debutto.

Proprio considerando il fatto che si tratta di un’opera prima va sicuramente apprezzato il coraggio di osare nel proporre sonorità non certamente mainstream né immediatamente assimilabili, connotate anche dai particolari timbri ottenuti dagli strumenti, frutto anch’essi di un approfondito lavoro.
Una “prima” sicuramente importante che in prospettiva potrebbe avere, davvero, conferme di un certo rilievo.

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Matteo Bortone, Nicolas Charlier, Erwan Boulay
  • Anno: 2013
  • Durata: 57:57
  • Etichetta: Zone di Musica

Elenco delle tracce

01. View from abroad
02. Bioritmi
03. Travel 1
04. Sustain
05. Halfway
06. Traveler
07. Nolan
08. Travel 2
09. Gaudi’s foot
10. No hay camino
11. Man of the hour

Brani migliori

  1. View from abroad
  2. Traveler
  3. No hay camino

Musicisti

Antonin-Tri Hoang: alto sax, bass clarinet  -  Francesco Diodati: acoustic, electric guitars, loops  -  Matteo Bortone: double bass  -  Guilhem Flouzat: drums