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Any Other

Two, Geography

Certe atmosfere degli anni '90 fluttuavano caliginose tra le feconde radici degli Any Other già prima dell'ep d'esordio, marcio, sconvolto e acustico (se non l'avete ascoltato è decisamente da recuperare per apprezzare completamente l'evoluzione della band di Adele Nigro) e si confermavano evolvendosi nel primo vero e proprio album Silently. Quietly. Going Away,  prodotto dagli Any Other con la Bello Records. Come ogni evoluzione della specie che si rispetti, però, non era possibile per la band della Nigro fermarsi ad un paio di buoni risultati e ai conseguenti immediati riscontri né alle importanti collaborazioni con alcuni tra i più acclamati nomi del panorama cosiddetto “indie” nostrano (leggi Calcutta e Colapesce), ma si rendeva necessario proseguire il proprio cammino alla ricerca della perfezione irraggiungibile, sperimentando incroci ragionati e istinti pulsanti senza badar troppo alle regole.

Partire quindi da quelle stesse radici ben impiantate negli anni '90 e da lì cercare di spingersi per spiccare il volo era il passo naturale da fare. Così è arrivato qualche giorno fa questo Two, Geography per la 42Records e se non possiamo ancora urlare al miracolo è certo che con questo lavoro la band è riuscita ad inventare un nuovo tempo ed un nuovo spazio in cui proiettarsi per mostrare con disarmante naturalezza la pasta di cui è fatta. Two, Geography è un disco complesso che non disdegna il facile approccio di superficie grazie a melodie ricercate e insolite ma sempre affascinanti e a tratti illuminate; il disco però si fa apprezzare definitivamente e pienamente solo ascolto dopo ascolto, slacciando pian piano i lacci dell'abitudine e facendoci sentire a nostro agio anche su territori per certi versi inesplorati.

Il marchio di fabbrica dell'artista veronese e della sua band, oltre che nell'immancabile sassofono, discreto ma incisivo, risiede nella semplicità apparente delle frasi musicali che si incastonano poi l'una nell'altra attraverso la sporcizia lacerante degli arrangiamenti evidentemente figli di improvvisazioni “jazzy-friendly” e la pulizia coinvolgente eppur malata della voce che, con delicatezza, sfregia la pelle con segni e colori restando impressa come un tatuaggio indelebile.  Le canzoni degli Any Other insomma ancora una volta (dato che così ci ha abituati la band sin da subito) a primo acchito sembrano innocue e poi si rivelano insidiose e graffianti come gocce di veleno camuffate da caramelle, che una volta ingerite ustionano le vene con fiamme alternate di piacere e dolore e ancora rabbia e disillusione.

Le plettrate convulsive che isterizzano la chitarra acustica in A Grade, in apertura del disco, su cui si innesta leggera la voce e si inseriscono poi le note di piano che giungono come una stella cometa nel cielo notturno, spalancano il sipario verso l'inizio dell'abbandono di ciò che di derivativo la band aveva mostrato con i precedenti lavori, iniziando a prendere una piega tutta personale. Attratti dall'insolito, gli Any Other non lesinano soluzioni che spiazzano per la vertiginosa immediatezza e raggiungono l'apice probabilmente con Capricorn No e la sua splendida coda strumentale. Ma è difficile distinguere in un album così coerente una cima più alta dell'altra: si può più facilmente parlare invece di un percorso fatto di dieci enormi passi (o dieci raffinati brani) che permettono di raggiungere il punto preciso tramite cui si vede chiaramente un nuovo panorama italiano ancora di là da venire, un posto (A Place) straordinariamente lungimirante, da raggiungere per bere a piene mani dalla sorgente di una delle migliori band italiane oggi in circolazione.

 

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In dettaglio

  • Anno: 2018
  • Durata: 34:18
  • Etichetta: 42 records

Elenco delle tracce

01. A Grade
02. Walkthrough
03. Stay Hydrated
04. Breastbone
05. Traveling Hard
06. Perkins
07. Mother Goose
08. Capricorn no
09. Geography

10. A Place

Brani migliori

  1. Walkthrough
  2. Perkins
  3. Capricorn No