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Acajou

Under the skin

Quella dei padovani Acajou è una storia particolare, che parte dal lontano 1993. Pionieri italici dello stoner, un lustro dopo concretizzano l'attività editando il debut-ep Hidden from all eyes e due anni dopo rilasciando il primo full-lenght Latin lover. Negli anni seguenti continua la scrittura con un tris di ep che non vedono mai la luce, ma bramati e rintracciati sul Web dagli stoner-lovers. Poi, nel quinquennio 2009-2014 ben due reunion con un collettivo rinnovato ed una metamorfosi spontanea del sound, che li ha condotti oggi al secondo album Under the skin: fondamentalmente un tracciato d'amore di varie delineazioni, pur mantenendo connotati di matrice coriacea ma riformulati con un personalissimo stile wave-stoner-funk che non ammette insinuazioni del tipo "già sentito".

Rombo di motore e via che si parte con La ferrari, il cui andazzo non sarà quello del bolide di Maranello, ma gli sta a ruota con efficacia, con un cadenzato di simil-orologio che non si sente tutti i giorni, per come sia ricercato nel suono e ben incastrato nei giusti passaggi. We've never met si appoggia su riffs stoppati di chitarra che danno un bel fervore esecutivo, lanciando la ritmica in turbinio sonoro mai caotico ma bensì con la giusta quadra per non appesantire l'insieme. 

Ora, che volete vi dica? In più di un'occasione, certe cadenze vocali di Marco Tamburini rimandano al mitico Peter Gabriel, come nel singolo Old home boy, rappresentato da un video con spaccati metropolitani, collinari e frequenti stacchi d'immagine alternati al bianco/nero sul filone cinematografico d'azione (https://youtu.be/EhdIePuVll8).  La title-track batte con zoccoli meditativi, concentrando la narrazione sulle profonde punteggiature interpretative del validissimo Marco, ampiamente a suo agio sopratutto nelle accordature basse.

Anche il booklet del Cd ha il suo magnetismo: pagine su sfondo nero e foto di mare algido e massi allineati come letti, analogamente evocative di scatti Pinkfloydiani avvistati in Wish you were here  e Momentary lapse of reason. Riprendendo l'analisi, una velata wave malinconica serpeggia nel tessuto di Into the waves, ritagliando la sua particolarità nell'essere regolare, col drumming circolare e rassicurante di Simone Ruffato. Jeez (In the mood for love) è l'atto più meditativo dell'opera, cesellata con l'essenzialità che serve, senza ricorrere necessariamente all'opulenza vacua e convenzionale. Invece, il funky serrato di Sometimes e Dim noise (che chiude l'opera) dà modo agli Acajou di mettere in vetrina una tecnica da consumati mestieranti, in cui è netta l'originalità dei loro spartiti, rispetto ad inflazionati  manierismi scritturali.

Gli Acajou sono da apprezzare per un paio di evidenti motivi: in primis, per l'alto tasso passionale nello sbattersi da un quarto di secolo (!) ed in secondo luogo, perché la band non ha mai strizzato l'occhiolino al commerciale, ma ha piuttosto sempre inseguito una sperimentazione innovativa, riuscendoci pienamente con esperienza e saggezza d'intenti. Ora che l'obiettivo è raggiunto, da parte nostra caldeggiamo ("sottopelle") l'auspicio che dopo Under the skin non passino altri 19 anni per tornare a deliziare altri inediti: non glielo perdoneremmo.

 

 

 

 

 

 

 

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In dettaglio

  • Anno: 2019
  • Durata: 37:07
  • Etichetta: (R)esisto Distribuzione

Elenco delle tracce

01. La ferrari
02. We've never met
03. Old home boy
04. Under the skin
05. Into the waves
06. Sometimes
07. Jeez (in the mood for love)
08. Dim noise

Brani migliori

  1. Sometimes
  2. We've never met
  3. Old home boy

Musicisti

Marco Tamburini: voce, synth - Nicola Tomas Moro: chitarra - Filippo Ferraretto: basso, chitarra - Simone Ruffato: batteria - Kole Laka: synth (1,2,5,7) - Marco Zambrano: synth (4) - David Benini: voce (1,5) - Alessandro Ruffato: voce (6,8)