Per la prima puntata del 2009, la nostra
rubrica dedicata al jazz italiano fa il punto della situazione sull’anno appena
trascorso.
Come ogni anno
dal 1982, Musica Jazz, la più
illustre rivista italiana del ramo, pubblica sul numero di gennaio (attualmente
in edicola, con allegato CD contenente brani di tutti i vincitori) i risultati
del Top Jazz, l’annuale referendum
indetto fra i giornalisti di settore (quest’anno cinquantasei, con – per
ciascuna sezione – tre voti a testa, a cui vanno 4, 3 e 2 punti
rispettivamente). Dall’anno scorso, il Top Jazz si limita al panorama nazionale,
risultando quindi quanto mai in linea col taglio di questa rubrica, pur a
dispetto della mancata finestra sulla scena internazionale, dolorosa specie per
gli appassionati, e quindi senz’altro da ripristinare.
Dieci
le sezioni, fra cui spicca la prima, che incorona l’album dell’anno (in realtà
da metà ottobre a metà ottobre) ed elenca poi i primi dieci classificati (a
seguire, di fatto, compaiono anche tutti coloro che, sezione per sezione, hanno
ottenuto voti, e tutte le preferenze di ciascun elettore). Miglior disco del
2008 è risultato dunque Canto di ebano
(Egea) del clarinettista perugino Gabriele
Mirabassi (foto sopra), che, uscito a inizio primavera, non ha trovato
posto in questa rubrica, nata in settembre, come invece i vari “Big Guns” del
trio Petrella/Salis/Previte, quinto, e “Liebman Meets Intra, nono ex-æquo con
altri quattro album. Ha goduto, peraltro, di una recensione ad hoc, come anche “Profumo di Violetta”
di Trovesi, terzo, e “Play Mingus” di Quintorigo, quarto, ma vista l’importante
affermazione ne riparliamo volentieri.
Come
tutti quelli di Mirabassi, “Canto di ebano” è lavoro formalmente ineccepibile,
curatissimo nelle sonorità e nelle geometrie interne, privo di frizioni fra
scrittura e improvvisazione. Realizzato in quartetto con chitarra acustica,
contrabbasso e batteria, alterna temi più vitali (e comunque sempre di una
purezza perlacea), tipo Chisciotte e Chegou (entrambi di Mirabassi come altri
cinque, integrati da tre pagine brasiliane che ribadiscono uno dei grandi amori
del musicista umbro) ad altri più pacati (I giardini di Dioniso,
per esempio). Accanto a episodi forse un tantino calligrafici, si segnala in
particolare il trittico che comprende Canto
di ebano, Vé se gostas e Otto anni, ove si avverte, come sottopelle,
il magistero del grande Jimmy Giuffre, morto poco dopo l’uscita del CD, e
ancora Arrivederci e grazie. Un
riconoscimento, dunque, che la coerenza di Mirabassi meritava senz’altro, quasi
per somma di indizi, verrebbe da
dire.
Al secondo posto si piazza “Suite for Tina Modotti” di Francesco
Bearzatti, e scorrendo la classifica vanno ancora citati almeno “Strange
Mathematics” di Tiziano Tononi, ottavo, e, fra gli ex-æquo al nono
posto, “All the Days of April” del chitarrista Lanfranco Malaguti, riflesso del
glorioso trio con Salvatore Maiore (presente anche in “Canto di ebano”) al
contrabbasso e il sensibilissimo Roberto Dani alla batteria (l’incisione risale
infatti al 1999, e chissà perché è rimasta così a lungo in un cassetto?), e
“Fonte Funda Suite – La notte” di Giorgio Gaslini, che riunisce due suite live
dedicate alla memoria di Michelangelo Antonioni, la prima nuova di zecca, la
seconda riproposizione di quella che fu la colonna sonora di uno dei capolavori
del grande regista e per la quale Gaslini ottenne il Nastro d’Argento 1960.
Venendo
alle altre categorie, jazzisti dell’anno sono, a loro volta ex-æquo, due
pianisti di ampia “navigazione” quali Franco
D’Andrea ed Enrico Pieranunzi (dietro
di loro Rava, Petrella, Fresu, Bollani, Trovesi, Salis, ecc.), mentre la
sezione-gruppi fa registrare la più grossa sorpresa, visto che a primeggiare è Quintorigo (foto sotto), sulla scorta
del bellissimo “Play Mingus” (come detto quarto fra i dischi) e dell’ampia
attività live che ne è scaturita. Segue la Lydian Sound Orchestra di Riccardo Brazzale, che ci proietta sulla
sezione compositori/arrangiatori, che il vicentino stravince, lasciando a
neanche metà dei suoi punti (80
a 38) un certo Gaslini, cosa che, pur con tutto il
rispetto per Brazzale, lascia francamente basiti.
Proseguendo
con le categorie strumentistiche, fra gli ottoni (tromba, trombone, ecc.) Gianluca Petrella ottiene un punteggio
record o giù di lì (114), precedendo Fabrizio Bosso, Giovanni Falzone, Fresu,
Rava, ecc. Fra le ance (clarinetti, sassofoni e affini) rivince, come già nel
2007, Daniele D’Agaro, però stavolta
in coabitazione con Stefano Di Battista (alle loro spalle Mirabassi, Trovesi,
Bearzatti, ecc.). Fra i tastieristi e chitarristi, s’impone Antonello Salis davanti a Bollani,
D’Andrea e Malaguti, mentre fra bassisti e batteristi primeggia Giovanni Tommaso, che evidentemente in
molti hanno ritenuto di premiare per il mezzo secolo di carriera. Netta,
infine, la vittoria di Maria Pia De Vito nella sezione
voci/strumenti vari (che è fin troppo ovvio suggerire di scorporare), davanti
al violista Paolo Botti, all’armonicista Max De Aloe e a una bella schiera di
colleghe cantanti (Montellanico, Zavalloni, Marcotulli, Torto, Gambarini).
Detto
che nell’ultima categoria in scaletta (in realtà la quarta), che elegge il
miglior nuovo talento emerso nel corso dell’anno, s’impone il pianista pugliese
Livio Minafra, figlio d’arte (suo
padre, Pino, è trombettista jazz, sua madre, Margherita Porfido, clavicembalista
classica), davanti al trombettista Luca Aquino, a Gaetano Partipilo, eterno
piazzato, Mauro Ottolini e, fra gli altri, Gaspare De Vito, spendiamo le ultime
righe per proporre una sorta di metaclassifica che le sommi tutte. Poco più di
un gioco, per carità, che tuttavia ci dice come il 2008 sia stato
indiscutibilmente l’anno di Gianluca Petrella, che supera largamente quota
duecento, precedendo nell’ordine D’Andrea, Brazzale, Trovesi, Mirabassi,
D’Agaro, Bosso, Pieranunzi e Bearzatti, tutti oltre quota cento. Ne riparliamo
fra un anno.