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Tempi al Top (?!)

In epoca di referendum, passiamo rapidamente in rassegna una serie di incisioni (ed etichette) che illuminano l’attuale scena jazzistica nazionale. Con presenze consolidate e qualche sorpresa

Per dirla con l’ultimo Finardi, il periodo attuale – per il jazz italiano – è fibrillante. Scaduto il 15 ottobre il termine per la consegna delle schede da parte dei giurati, sono infatti in atto i conteggi dei voti che comporranno le classifiche del Top Jazz 2014, il referendum che il mensile Musica Jazz organizza dal 1982 e i cui responsi compaiono sul numero del gennaio seguente (in questo caso, quindi, gennaio 2015). Limitandoci alla sezione discografica (una delle nove totali, italiane e non), vediamo di scorrere, per forza di cose in crudele sintesi, una serie di album che possono aspirare (alcuni, almeno) a entrare nella top ten dei migliori album italiani dell’anno (che significa poi da ottobre 2103 a ottobre 2014).

Quest’anno il disco-monstre è con tutta probabilità Joy In Spite Of Everything (ECM) di Stefano Bollani, sia per la fama unilaterale del pianista, sia perché nello specifico il suo trio è rinforzato da Mark Turner al sax tenore e soprattutto da Bill Frisell alla chitarra. Poi, magari, ti accorgi che sono i pezzi in trio i più efficaci, che Frisell svetta nel duo con Bollani (Ismene) e in poco altro, ma il CD è comunque destinato a raccogliere larghi consensi (anzi: li ha già raccolti, fra la critica di settore). Potere della seduzione mediatica, della percezione del fin troppo abusato concetto di “evento”? Perché no? Detto pur sempre di un signor disco.

Uno che esce di rado (e parla ancora meno, come quell’altro…) ma quando lo fa incontra parecchio è Giovanni Tommaso (foto in alto), storica colonna del Perigeo e poi apprezzato leader di gruppi a suo nome. L’ultimo dei quali, un quartetto con Cigalini, Zanisi e Angelucci (ovviamente più il suo contrabbasso), ha pubblicato di recente Conversation with My Soul (Parco della Musica), lavoro solido che non mancherà neanche stavolta di calamitare i consensi di chi non ama troppo il rischio (in musica, ovviamente).

Rimanendo in casa Parco della Musica, benemerita etichetta che sta sfornando dischi con rassicurante continuità, segnaliamo ancora Aurum del sassofonista Piero Delle Monache, che magari può ambire a ben figurare nella sezione nuovi talenti (bel quintetto, il suo, con piano e chitarra, per un jazz di sostanza, molto curato, magari solo lievemente asettico), e Live in France di un altro sassofonista (e clarinettista), ben più noto, Francesco Beazatti, in trio con Eric Surmenian e Manu Roche. L’incisione ha fatto addirittura otto anni di anticamera, ed è strano, trattandosi di un disco di sicuro appeal.

Procedendo sempre per etichette (a loro volta benemerite), ci spostiamo in casa Auand, dove ritroviamo Bearzatti nel quartetto del pianista Dario Carnovale protagonista di Emersion, lavoro solido, con dediche varie, esplicite e non. Di tenore (e organico) analogo (ma qui le dediche sono tutte esplicitate, a grandi musicisti di area colta) è Cahos Magnum del quartetto Forefront, una punta più originale e articolato, mentre in Polemonta di un terzo quartetto, Luz, sono le corde a imperversare (chitarra, cello e contrabbasso), entro una proposta parecchio identitaria in cui si segnalano più singoli exploit (per lo più a centro album) che non il totale.

Il CD più significativo prodotto da Marco Valente per l’etichetta pugliese è tuttavia Newswok del pianista Giancarlo Tossani (foto qui sopra), che vi dirige il proprio quartetto, Synapser, nello specifico rinforzato dalla tromba di Ralph Alessi. Vi trova posto una musica ricca di dinamiche intestine in cui la scrittura si sposa ottimamente con la vena ispirativa dei solisti. Un lavoro di grande maturità.    

Passando a El Gallo Rojo, veniamo a un disco almeno altrettanto felice, Iuvenes Doom Sumus del sassofonista Piero Bittolo Bon ormai da alcuni anni fra le più belle (nuove) realtà del jazz italiano, ma che qui letteralmente si supera. Il suo sestetto Jümp the Shark (con trombone o tuba, chitarra e vibrafono) si muove attraverso brani tutt’altro che lineari, anzi tirati, spigolosi, refrattari a ogni certezza acquisita, un po’ fra Berne e Threadgill, tanto per fissare delle coordinate di comodo. Da non lasciarsi scappare.

Bittolo Bon (foto sotto) figura anche nel quartetto del batterista Nelide Bandello protagonista di Bar Tritolo, di retaggio in qualche misura analogo, anche se la messa a fuoco vi appare un po’ meno capillare (sempre parlando di un disco di pregio). Tre quarti del quartetto bandelliano traslocano poi in Eraserheads, pubblicato sempre per i tipi del “gallo rosso” (particolarmente incline all’avanguardia e alle ibridazioni) dal bassista Stefano Senni. Manca proprio Bittolo Bon, sostituito dalla voce di Gaia Mattiuzzi, ma quanto viene fuori non rispetta onestamente le attese (alte), dando l’impressione di volersi mantenere un po’ troppo in superficie (salvo eccezioni, che non mancano).

Di tutt’altro tenore Camera lirica (Caligola), che il chitarrista Domenico Caliri (già in “Iuvenes Doom Sumus”) firma alla testa di un’orchestra con Bittolo Bon e vari elementi della Cosmic Band di Gianluca Petrella. Il risultato è maiuscolo, vitale ed elegante ad un tempo, calibrato e corporeo, così come Conversations About Thomas Chapin (Leo), tributo tutto giocato nel segno dell’improvvisazione senza rete rivolto al grande polistrumentista scomparso appena quarantenne nel 1998 da un quartetto le cui voci primarie sono Stefano Leonardi ai flauti e Stefano Pastor al violino. Senza dubbio fra le cose migliori uscite quest’anno.

Di carattere almeno in parte più disincantato, ora ironico ora più azzardoso, sempre condotto nel segno del buon gusto e dell’arguzia, è poi Ultramamrine (JazzyLogic) del trio Madeira Blue, vale a dire Daniele D’Agaro, clarinetti, Denis Biason, chitarra e banjo, e Luigi Vitale, marimba, mentre, in chiusura, segnaliamo ancora Cloudriding (Amirani) del sassofonista Luca Segala alla testa di un quintetto coi fiocchi in cui spicca la viola di Paolo Botti. Tra inflessioni funky e passaggi più free-materici, vigore e danzabilità, il disco rivela un universo che, se messo completamente a fuoco, potrà offrire frutti ancora più succosi.

Foto di Emanuele Vergari (Tommaso), Danilo Codazzi (Tossani) e Patrizia Ferro (Bittolo Bon).     


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