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Vinicio Capossela

Come li pacci. Un racconto a più voci di dieci anni di Sponz Fest

Certi luoghi hanno spesso a che fare con l’immaginario. Possono generare una visione. A Vinicio Capossela è balenata davanti al parabrezza di un furgone Mercedes 405 mentre seguiva gli spigoli di tornanti lontani dalle strade a scorrimento veloce: «torme di genti accorrevano, andavano a sperdersi, intente a cercare luoghi introvabili, non segnati sulle cartine, in corsa con orari non segnati sull’orologio». Da questa immagine ha preso corpo un’idea che non si è trasformata in un semplice festival. È diventata una vicenda. Raccontarla totalmente sarebbe un’impresa difficile tanto quanto la sua effettiva realizzazione, perché raccoglie fatti, luoghi e sensazioni che è possibile percepire a pieno solo se, almeno una volta, ci si è avventurati a Calitri, in alta Irpinia, verso la fine di agosto. Altrimenti ci si ritrova un po’ come chi ascolta il resoconto dei viaggi di Gulliver. Leggere 'Come li pacci. Un racconto a più voci di dieci anni di Sponz Fest', edito da Baldini+Castoldi e curato da Luca Sebastiani e Irene Sciacovelli, aiuta a lenire la distanza da quella vicenda.

“Come li pacci” è stato il tema dello 'Sponz Fest' 2023. È un’espressione paesana che indica «chi non sta a senno, chi non trova dimora, chi esce fuori di sé, chi si agita di qua e di là» e descrive con efficacia non solo i crocicchi che lo Sponz ha attraversato e rappresentato, ma anche l’animo delle persone che hanno permesso di raccontare in maniera così originale le terre dell’osso, trasformandole in un mondo a metà strada fra Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi e Le città invisibili di Italo Calvino.

Assecondando la cronologia senza ambizioni documentaristiche, il libro raccoglie le parole di quasi 80 testimoni che, a vario titolo, hanno partecipato alle undici edizioni dello Sponz Fest. Grazie alle isole fotografiche e a corposi reportage, come quello di Enrico “Chico” De Luigi istallato a metà libro (qui una foto di repertorio di Vinicio del fotografo), è possibile dare un corpo al paesaggio e alle storie che l’opera intende restituire. Il sommario iniziale permetterebbe anche di leggere in modo democratico e spurio, ma il consiglio è di seguire il flusso dall’inizio alla fine per assorbire un racconto che parte da lontano. L’introduzione di Capossela, che dello Sponz è direttore artistico e alimentatore, immerge il lettore nello stesso scenario raccontato nel romanzo Il paese dei Coppoloni e nel disco "Canzoni della Cupa". Una sorta di western che mescola le usanze, le credenze e la lingua dei paesi interni alla musica balcanica e al senso più gioioso e dissennato della festa, intesa come totale dissipazione. «Con una scenografia del genere basta mettere la musica e ognuno la pellicola se la gira per conto suo. La trama la dettano gli incontri e per ognuno andrà come è destino che vada».


 

Il prologo racconta l’idea da cui è partita la vicenda: organizzare un’iniziativa culturale che recuperasse i fasti dello sposalizio in cui, a furia di balli e bicchieri, alla fine si cadeva “sponzati”, ammollati come baccalà. Raccontare una terra fatta frontiera dal treno che è arrivato, ha portato via i cristiani e poi è stato dismesso. Così è toccato immaginarselo. Anzi, sognarselo. Nel 2016 lo hanno fatto tornare e lo hanno pure assaltato, con i mariachi a fare la colonna sonora. Lo Sponz è nato per raccontare l’epopea degli accappanti, i non invitati allo sposalizio, il rituale delle zagarelle, i coriandoli che avvolgevano gli sposi, la casa museale dell’Eca e la comunità di emigranti abbracciata alle sue pareti, una cartolina che sembra unire Al veglione (1996), Primo ballo della Banda della Posta (o l’Orchestra delle poste, come l’ha rinominata Paolo Rossi) e Lo sposalizio di Maloservizio (2016). Leggendo le introduzioni del Capossela direttore artistico si percepisce come i temi delle varie edizioni si siano mescolati con i momenti creativi del Capossela cantautore in una sorta di condensazione poetica. Ma non solo. I temi sono sovrapposti, come se ogni annata contenesse un po’ del mondo di ieri e un po’ del mondo di domani. Emblematico, in questo senso, lo Sponz Pest dell’edizione “Sottaterra” del 2019. È un curioso ribaltamento, per un festival nato come flashback, andare a finire dalla parte della profezia.

L’immaginario c’era. La scenografia pure. È bastato mettere la musica per dare una colonna sonora a quei luoghi spariti dalle cartine. Tra i testimoni del libro infatti si trovano David Riondino, Gianni Morandi, Marc Ribot, Georgos Xylouris, Massimo Zamboni, Morgan, Andrea Tartaglia, Vasco Brondi, Mara Redeghieri, Dome La Muerte, Alessandro Portelli, Don Antonio Gramentieri e tanti musicisti che hanno preso parte alla dylaniana Rolling Sponz Review. Ma si sentono pure le centos di Micah P. Hinson, il rebetiko di Manolis Pappos e Dimitris Mystakidis, le fanfare, la Bassa Banda di Daniele Sepe, il suono acquatico dei cubba-cubba di Tricarico e la cosmogonia di Antonio Infantino.

 

Lo 'Sponz Fest' è nato a Calitri (qui in alto una foto del paese) ma poi si è ingrandito come un pallone aerostatico. Si è allungato a una settimana di festa, ha cominciato a coinvolgere altri centri dell’Irpinia seguendo le direttrici dei due fiumi che solcano la polvere delle terre dell’osso, l’Ofanto e il Sele. Si è espanso e ha avvolto varie facce della cultura. L’arte, personificata da Mariangela Capossela e dalle iniziative di SponzArti. È necessario ricordare almeno Trenodia, lamentazione funebre collettiva che nel 2019 ha unito Irpinia, Basilicata e Calabria e si è chiusa con il banchetto funebre di Michela Murgia. La polis, la politica intesa come più chiara manifestazione dell’umano, incorniciata nelle testimonianze di Mimmo Lucano e di Pietro Bartolo. Il recupero della comunità agricola, di ciò che è possibile definire òikos, della sua lingua «senza grasso di vocali», dei suoi modi e dei suoi mestieri: la barberìa di Giovanni Sicuranza, l’organo di Giuseppe Caputo “Matalena”, il mandolino di Rocco Briuolo, Canio “Ndrandola” e i canti sapienziali delle Cunv’rsazion, l’organetto di Giovanni Fiordellisi, i muli di Patronetto, il canto a tenore di Ciccillo Di Benedetto e la sala veglioni di Andretta, le profezie di Armando Testadiuccello, l’opera culturale di Alfonso Nannariello e Aniello Russo, la poesia di Rocco Scotellaro e l’antropologia della restanza di Vito Teti.

Lo Sponz Fest, in fondo, è un’idea anche semplice. È la sua realizzazione che supera le colonne d’Ercole dell’immaginazione e della fantasia. Ha dovuto affrontare la riluttanza di qualche amministratore e la dilatazione temporale nell’erogazione dei finanziamenti, così ha fatto del miracolo la sua principale economia. È sopravvissuto a «indescrivibili disastri» e dimissioni mai accettate da nessuno costruendo banconi da bar sempre più lunghi o addirittura portatili per dissetare gli ospiti, ha creato una Libera Università per Ripetenti, ha spostato i concerti all’alba per non indispettire qualche santo patrono. Ha perseguito con esiti fantasmagorici il suo principale obiettivo: fare del vuoto un pieno perché «il vuoto può essere una risorsa, se non è riempito di immondizia», omaggiare e ridare forza alle proprie radici, soprattutto quelle che sono state abitate solo nei racconti. È un modo per vivere di nuovo. È «u’ r’crij», il “ricreo” che ripopola il paese insieme a chi non ha bisogno di apparire per essere. Almeno è questa la sensazione, unita all’amara angoscia di chi resta. Come ha scritto Alfonso Nannariello nel 2016 in un articolo intitolato Polvere di salvezza e riportato nel libro, lo Sponz Fest «ha reso fitta e densa la polvere ormai quasi gettata al vento dei nostri miti e delle nostre tradizioni».
'Come li pacci' racconta l’idea che ha vinto sulla pratica, l’immaginazione che ha vinto sull’abitudine. Il trionfo del rito che abbatte la procedura. Lo Sponz Fest è un sogno a occhi aperti. Un sogno vissuto per davvero. Un sogno messo in atto senza che nessuno si risparmi. Perché non c’è risparmio quando la guida è la curiosità. Non c’è risparmio nell’immaginario.

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In dettaglio

  • Artista: Vinicio Capossela
  • Editore: Baldini+Castoldi
  • Pagine: 320
  • Anno: 2023
  • Prezzo: 25.00 €

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