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Andrea Majid Valcarenghi

Re Nudo. Antologia 1970-2020 storia e storie di una rivista

Cinquant’anni sul pezzo. In cui collaboratrici e collaboratori, lettrici e lettori si sono confrontati, hanno detto la propria e spronato dibattiti in fasi storiche diverse e pure sequenziali. Avvicinamenti ed avvicendamenti sociali, creatività, dissenso, marginalità che si dirigono verso il “centro-centrico”. Re Nudo: pagine mai rarefatte, pronte a porre interrogativi e percorsi, immerse nell’alta marea delle contraddizioni, è stata la rivista (mensile) underground per eccellenza. Ripensando a quel Mao con i capelli lunghi (illustrazione di copertina di Underground a pugno chiuso, altro libro/testimonianza di Valcarenghi, edito la prima volta nel ’73) non si può fare a meno di ri/curiosare nel suo traslare che è tuttora invito laboratoriale. Con tanto di idee e pratiche annesse. Il primo numero della rivista uscì nel dicembre ’70. Come sottotitolo: mensile di controcultura e di controinformazione. Poi varia: mensile di controcultura, mensile della nuova coscienza, mensile di cultura alternativa nuova coscienza e musica, ecc. ecc. Il desiderio di autoinfliggersi una propria contemporaneità interiore ed esteriore. Aspetti specifici, tratteggi flessibili, diversi approcci e il farsi carico. Movimentismi, “bonifiche” riottose, scavi spirituali. La ricerca del Noi ma anche dell’Io. Valcarenghi rimarca: Uno dei primi slogan dei festival di Re Nudo è stato Cambiamo la vita prima che la vita cambi noi. Per molti è rimasto un sogno utopico e sono stati cambiati dalla vita. Si sono fatti prendere dal desiderio di denaro e potere o anche solo di qualche sicurezza che si può ottenere rientrando nei ranghi. Per me non è stato così (…) Re Nudo nel corso del tempo è cambiato nel suo processo evolutivo (…) ma non è cambiato lo sguardo, non è cambiata l’anima (…) una volta qualcuno, esperto di editoria, mi ha detto che il limite di Re Nudo era l’essere una rivista personale e per questo non sarebbe potuta diventare una rivista per un largo pubblico. Aveva ragione. Però è stata una rivista verticale, che ha raggiunto un pubblico ristretto, ma per molti, di questi pochi, ne ha cambiato anche la vita.

Un po' di amarezza ci può stare per una rivista che comunque hanno letto e sfogliato milioni di persone. Espressione di minoranze? Certo, comunque sempre qualche milionata. E se alle ultime due Feste del proletariato giovanile confluirono complessivamente ben oltre 200mila presenze, questo “indice di gradimento” (casino finale, incluso) qualcosa starà pure a significare. Alti e bassi come in centinaia di esperienze cartacee, molte delle quali votate al mainstream. Riassumendo: argomentazioni concatenate, articoli di ampio respiro, interviste, foto ed illustrazioni a colori. Nella grafica dei primi numeri, Re Nudo fu fortemente ispirato ed attratto dall’arte psichedelica americana. Un “contorno” per scrivere di pantere nere e di pantere bianche, carceri, quali droghe?, situazionismo, raduni musicali, autogestioni, circuiti alternativi, come essere/non essere legittimati (anche) dalla nuova sinistra Anni 70, femminismo, Macondo (Mauro Rostagno), a colloquio con esponenti beatnik e lisergici, misure anti repressive, voci e silenzi, “strani giorni”, orrori economici, la violenza può fermare la violenza?, antiproibizionismo, ecologia dell’ambiente e della mente (Alexander Langer), danzare tra Occidente e Oriente, scienza e coscienza, Osho, viaggi del sé. Tutto ciò in una esplosiva capacità narrativa. Interventi, commenti, interviste: Luigi Tenco (Un tranquillo week-end sanremese), Fabrizio De André (Vorrei scrivere su Re Nudo), gli sguardi di Enzo Jannacci (Chicago per esempio è come Cusano Milanino però è grande come tutta la Lombardia, una cosa da venire scemi), musica e terremoti (Francesco Guccini e Giorgio Gaber che dialogano sul rapporto con la politica), il prima e il dopo dei festival organizzati (c’è sempre da fare il punto), Pino Masi e Claudio Rocchi (la lotta è continua e magari è pure mantra), la scomparsa di Demetrio Stratos, le visioni di Mauro Pagani, un Vasco Rossi in “quelli sani eravamo noi” (“I tossici, per come la vedo io, sono quelli che si fanno le pere. Io non mi sono mai fatto di eroina, non mi sono mai sentito un tossicodipendente, semmai! E poi, sulla droga ho un mio programma, che quando guiderò il movimento, metterò subito in pratica"), il sentimento-zona cercato da Franco Battiato. Spot “alla carta” (Karl Marx: Mi abbono a Re Nudo perché è l’unico giornale marxista che rispecchia il pensiero dei miei fratelli Groucho, Chico, Harpo). Un (mio) flash su un numero a caso (Come quando dove perché il festival + le comuni proletarie + la donna come oggetto + LSD: dieci consigli + soldato, difenditi + cosa è il “Movimento”, settembre ’71).

Ripescare negli annali: Dalia Gaberscick (“Ero ancora bambina ai tempi del Parco Lambro ma più di una volta ho sentito Gaber dire che, quando davanti ad un oceano di persone, solo con la chitarra, in un silenzio sospeso, quasi religioso, eseguì Chiedo scusa se vi parlo di Maria, è stato il momento più emozionante della sua lunga storia di artista”). Franco Bolelli (“Quando uscì Re Nudo negli anni ’70 frequentavo ambienti simili ma diversi, poi è stato molto bello vent’anni dopo contribuire alla rinascita di Re Nudo che assunse le diversità come valore e ricchezza fondante del nuovo percorso”). I contributi di Luigi Manconi, Michele Serra, Gianfranco Manfredi, Lidia Ravera, Barbara Alberti, Chicca Roveri, Marina Valcarenghi, Ricky Gianco, Adriano Sofri, Paolo Bertrando, Giordano Casiraghi ed altri. Fiori di Gutenberg (ancora) per muoversi alla meglio tra equilibri e squilibri. Il buio della notte al ciclostile, la fosca luce dell’era digitale. 

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In dettaglio

  • Artista: Andrea Majid Valcarenghi
  • Editore: Interno 4 edizioni
  • Pagine: 495
  • Anno: 2020
  • Prezzo: 37.00 €

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