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La vita artistica di Franco Battiato ripercorsa nelle voci di amici e artisti. Dal 28 novembre al 04 dicembre

Nelle sale per una settimana il Docu-Film "La voce del padrone"

Sono circa 250 le sale dove sarà possibile vederlo

 


Proporre, girare, produrre un film in cui si parla di una persona famosa e nota da decenni può portare ad una sorta di esagerata agiografia del personaggio considerato. Ancor più dopo aver partecipato alla “costruzione” di un libro fondamentale per comprendere il soggetto di cui parliamo, Franco Battiato (qui in alto in una foto di Roberto Masotti). Stefano Senardi, famoso discografico, per molti anni a capo di importanti aziende del settore, ha ben conosciuto Battiato e lo scorso anno, insieme a Francesco Messina, collaboratore per decenni ed amico storico di Battiato, pubblicò il volume ‘L’alba dentro l’imbrunire’ (Rizzoli Lizard) dove molti degli amici e collaboratori dell’artista siciliano vennero invitati a collaborare alla stesura del libro attraverso un loro ricordo, un pensiero, uno scritto.

 

Quest’anno è cambiato il medium e, per ricordare la figura di Battiato, in sostituzione del libro è giunta l’arte cinematografia, che si aggiunge all’evento che si è tenuto il 16 maggio di quest’anno alla Triennale di Milano dove è stato ospitato un ricordo di Battiato (‘Citizen Battiato’) sia con interventi di memoria da parte, sempre, di collaboratori ed amici, che di natura artistica. Una serata straordinaria non solo per la valenza artistica (si ricordò, in quella sera, anche la figura del fotografo Roberto Masotti) ma, soprattutto, per l’affetto riconosciuto verso un uomo a tutto tondo, ad una artista forse ineguagliabile, ad uno spirito libero che tanto benessere ha lasciato dietro di sé.

Il messaggio di quest’anno, dal titolo ‘La voce del padrone’, vuole ricordare il cantautore siciliano attraverso l’album che cambiò le traiettorie della canzone italiana, uno snodo cruciale che rese palese, evidente, finalmente aggiungiamo, la genialità di un artista originale e sempre fuori dagli schemi. Diretto da Marco Spagnoli, con la produzione creativa di Stefano Senardi, il documentario è l’incontro di molti musicisti, artisti, amici di Battiato che vengono esortati da Senardi a dare una loro ‘descrizione’ di un uomo che ha incantato milioni di persone rimanendo inafferrabile al confine tra disponibilità, sensibilità, mistero. Tanti i volti e le voci che si sono avvicendate e tutti/tutte hanno manifestato un grande rispetto e affetto per la figura di una persona (non personaggio) considerato una sorta di guru spirituale ma che, pure, si dimostrava, nella vita (e pur nella serietà professionale), persona amabile, allegra, spassosa. Quelle che elenchiamo qui si seguito sono delle pillole delle persone intervistate che, nel film, sono presentate nella loro più definita enunciazione.

 

Partiamo con Alice, artista  con la quale tanto ha collaborato, racconta che la vita di Battiato aveva come elemento profondo la musica e che lei amava cantare insieme a lui tanto che le loro voci avevano come il dono di crearne una sorta di terza vibrazione.  Francesco Messina, che ha prodotto le copertine di tanti album di Battiato, ha sottolineato che lui non è stato “solo” un cantautore ma un musicista totale, lo spartiacque della canzone italiana. Il compianto Roberto Masotti (alla cui memoria il film è dedicato), che collaborò alla copertina de “La voce del padrone”, ha raccontato la genesi proprio della copertina dell’album e di come Francesco Messina trasformò una sua foto di Battiato seduto su una sedia a dondolo...eliminando la sedia…Partendo da quella foto, Masotti ricorda che l’artista che sa creare, trasmette sempre qualcosa a chi lo ascolta. Susan Lovegrove Graziano, anche insegnante di canto, ha ricordato di quanto incontrò gli “allievi” Battiato e Gaber che a lei si rivolsero per migliorare le loro doti canore. Nel suo intervento Morgan ha voluto ricordare la ricchezza dei testi di Battiato che se anche te li dimentichi poi, all’improvviso, riappaiono come per magia e, inoltre, come il suo lavoro abbia rivoluzionato il linguaggio della canzone e della musica italiana. Inoltre, racconta il musicista monzese, Battiato aveva una maniacale attenzione alla posizione delle note nella partitura e andava sempre alla ricerca della sonorità perfetta. Attraverso il suo lavoro, dice Morgan, “ho compreso che quando la rispetti la musica, ti viene a cercare”.
Pino “Pinaxa” Pischetola, che lo ha seguito nella registrazione di tanti album (e dal vivo), ha voluto sottolineare il grande lavoro di Battiato, in sala di incisione, per la costruzione del suono migliore utilizzando le possibilità della tecnologia. La sua ricerca sonora, sperimentale negli anni ’70, era in fondo rimasta intatta attraverso le modalità del migliore utilizzo delle nuove tecnologie. Bruno Tibaldi era direttore artistico alla EMI negli anni ‘72/’81 quando, sollecitato da Angelo Carrara, manager di Battiato, incontrò entrambi per capire se ci fosse la possibilità di un contratto con la sua casa discografica. All’inizio non era convinto di stipulare un contratto con Battiato per la fama di sperimentatore. Ma la svolta avvenne quando rimase colpito dalle poche parole che l’artista siciliano gli rivolse: “da questo momento ho deciso di avere successo. ditemi come si fa ad avere successo e lo faccio”. Il resto è storia…

 

Eugenio Finardi, che ha conosciuto Battiato dagli esordi, racconta di come rimase sconvolto quando, in sala di incisione, lo sentì esortare i musicisti presenti a cercare, in una canzone, il suono più brutto che potessero immaginare. Finardi non capiva il senso di quelle richieste ma, in seguito, comprese che in quel momento stava vedendo arrivare il futuro della musica. E se, parole sue,La musica è l’arte vicina all’assoluto e le parole sono arte vicino all’umano”, Battiato, persona definita generosa, quell’obbiettivo l’aveva centrato in pieno. 

Massimo Bonelli, discografico anch’egli, ha voluto ricordare quanto la voce di Battiato fosse particolarmente interessante mentre Riccardo Bertoncelli ha sottolineato che, anche quarant’anni dopo, le canzoni de “La voce del Padrone” non hanno perso il loro fascino e che le canzoni sono magiche quando ti ammaliano ogni volta che le risenti. Sulla forza evocativa dei testi si è soffermato Andrea Scanzi insieme alla decisione di Battiato di avere successo perché questo era scritto nel lavoro fatto in passato, mentre il maestro Paolo Buonvino ha ricordato che Battiato è stato molte cose insieme e tutte in grande leggerezza e che la grandezza della sua arte sta nel fatto che l’ascolto dei suoi brani, della sua musica, il loro significato, si modifica con lo scorrere del tempo. Un lapidario ma efficace Oliviero Toscani ha ricordato quanto la sua musica fosse capace di sconvolgere l’ascoltatore nella tranquillità mentre Nanni Moretti ha ricordato come Battiato sia stato capace di coltivare cultura musicale con molte dosi di ironia. Carlo Guaitoli, pianista e collaboratore di Battiato negli ultimi venticinque anni, ha voluto ricordare che grazie alla collaborazione con l’artista siciliano è stato in grado di crescere umanamente e professionalmente e che da lui ha saputo comprendere il valore del distacco dalle cose materiali. Nelle parole di Francesco Cattini, suo agente per i concerti per molti anni, si è ricordata l’abitudine che Battiato aveva nel telefonargli al mattino dicendogli che doveva “andar giù dalla branda” e, insieme, l’importanza storica del concerto che Battiato tenne a Baghdad il 4 dicembre del 1992, prima della seconda guerra del Golfo.

 

Per la regista Giada Colagrande Battiato ha rappresentato un grande canale di energia mentre Willem Dafoe percepiva il suo forte distacco per le cose del mondo. Musicisti importanti per quell’album e per il periodo precedente e successivo, sia in studio che dal vivo, sono stati Alberto Radius, Filippo Destrieri. Donato Scolese, Claudio Pascoli. Il primo ha voluto ricordare un grande atto di generosità compiuto da Battiato nei suoi confronti mentre il secondo ha sottolineato i passi che precedettero la nascita di un successo assoluto quale fu “La voce del Padrone”. Scolese, invece ancora non si capacita di come “quei” testi, certamente non semplici, avessero attecchito nel pubblico in maniera rapida e radicale. Per Mara Maionchi il ricordo di Battiato è quello di una persona libera, allegra, affabile ed originale, giocatore di carte e, soprattutto, “un angelo”.

 

Per Caterina Caselli La cura è la più bella canzone d’amore mai scritta e tutto il lavoro di Battiato è stato una ricerca costantemente orientata allo sviluppo intellettuale delle persone. La figura ieratica del gesuita Padre Guidalberto Bormolini ha messo in evidenza la capacità della musica di trasformare le persone e di come gli spettatori dei suoi concerti ne uscissero “diversi”. Lui, che negli ultimi anni ha coltivato una feconda amicizia con l’artista siciliano (e gli è stato vicino nel periodo della malattia), ha voluto ricordare che in Battiato sempre forte è stata la ricerca del senso della morte e che lui riteneva che questa vita altro non fosse che un passaggio a ciò a cui si era preparato. Il grande Vincenzo Mollica, di cui ci mancano sia la voce che la genuinità dell’approccio giornalistico, ha ricordato come Battiato decise di stabilirsi nella casa di Milo anche per il profumo che percepiva da quella terra e di come si augurava che, dopo la sua dipartita, di lui rimanesse la percezione di un suono. Per la catanese Carmen Consoli il suo conterraneo era una persona attenta che approfondiva ogni cosa. Voleva capire tutto, voleva imparare sempre al meglio ogni cosa. E la commozione appare quando vi è il rimpianto, nelle sue parole, per un tempo che avrebbe potuto essere più lungo per lui. Per gli amici giornalisti Grazia Coccia e Massimo Pellicciotti, spesso ospiti in casa Battiato (dove la sera era obbligatoria la visione di un film), sottolineano quanto per lui fosse importante il valore dell’amicizia.  Francesca Chiappetta, produttrice teatrale, ricorda Battiato come un dono per la vita. Corrado Fortuna, che interpretò un Battiato giovanile in ‘Perduto amor’ (il primo film di Battiato come regista, che uscì nel 2003), lo ha ricordato come una persona seria ma non serioso, impegnato ma non noioso.

 

 

 

Arriva anche il momento di una sorta di confessione, pubblica, fatta in TV a Gianni Minà e poi raccontata in varie occasioni: la rivelazione di una sorta di percezione di un mondo “altro” che gli occorse, da adolescente, durante una Domenica delle Palme vissuta nel suo paese natale. Un evento che avrebbe portato con sé per tutta la vita. Non poteva mancare un ricordo anche di Juri Camisasca, musicista e amico di una vita, la persona che, fuori dalla famiglia, gli è stato certamente più vicino negli ultimi anni vivendo, in una dimensione di romitaggio, nell’ambito di Villa Grazia (la casa di Battiato a Milo). Juri ricorda Battiato come una persona profondamente spirituale ma aconfessionale, sempre alla ricerca del suo essere cosmico e tutto ciò che gli dava gioia di vivere era sempre ben accetto. Secondo Camisasca nei luoghi in cui ha vissuto la sua presenza è rimasta in una forma di energia mentre lui, ora, è su un altro piano di esistenza e consapevolezza.

 

E l’autore delle interviste, l’amico Stefano Senardi, cosa ha lasciato, come testimonianza, agli spettatori…? Che Battiato gli ha insegnato a vivere attraverso la complessità, la sofisticatezza, la semplicità, l’originalità. È stato un rivoluzionario capace di raggiungere il successo ma senza abbandonarsi ad esso, cercando – e spesso riuscendoci - di trovare nuove strade, di cambiare, di evolvere. Ha saputo vivere il valore dell’amicizia avendo consapevolezza dell’importanza del prendersi cura degli altri.

E Franco Battiato…? Si c’era anche lui, ovviamente, e dalle parole che sono state riportate da vecchie interviste si percepisce la forza d’animo di un alchimista, sempre proteso alla ricerca della pietra filosofale, cioè della vera essenza della propria vita, della ragione dell’esistenza, della ricerca della pacificazione interiore. Un uomo, un musicista, “un essere speciale” sempre proteso alla ricerca del suono perfetto, “dell’alba dentro l’imbrunire”, del suono come ricerca del sé interiore, consapevole di poter vivere “il transito terrestre” come una possibilità da non sprecare alla ricerca, senza sosta, dei valori superiori celati oltre le apparenze

 

È un docufilm colmo d’amore, “La voce del Padrone”. Da guardare e ascoltare con grande attenzione. Un film che nella sua semplicità colpisce e stupisce per la sincerità degli interventi, un un film che racconta molti lati dell’artista e dell’uomo Battiato. Molti, ma non tutti perché Franco Battiato è stato un mistero anche per chi gli era più vicino, un mistero forse anche a se stesso… Ma di una cosa siamo certi, Battiato ha seminato gioia, amore, voglia di vivere, intelligenza creativa, senso dell’infinito. Questo documento è anche un “avviso ai naviganti” sul senso profondo della vita. Per comprendere che in ogni Sé vivono moltitudini e queste sono parte di un tutto infinito, inafferrabile ma, pure, da ricercare senza sosta. Il docufilm si chiude con La cura in versione sontuosa seguita, poi, da Carmen Consoli che, chitarra e voce, canta Stranizza d’ammuri. Due canzoni apparentemente agli antipodi eppure la seconda, dopo l’ascolto della prima, nella sua fragilità rappresenta, forse, il messaggio della dualità delle cose e, ancor di più, il ritorno a Itaca, dopo il viaggio della vita…

 

 

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 LA VOCE DEL PADRONE

Docufilm di Marco Spagnoli
produzione creativa di Stefano Senardi

RS Production – Its. Art srl
Durata 1h 31’

Dal 28 novembre al 04 dicembre 2022, in circa 250 sale italiane.


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