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Petrina

L'età del disordine

Ferite, cicatrici e assenze che aleggiano nell'aria creano una sorta di disordine interiore che va a mescolarsi al disordine sociale e culturale di questo tempo. Non  credo sia certo un caso o una mera scelta espressiva quella che ha portato Petrina - al suo quinto album - ad incidere (finalmente, mi verrebbe da dire, visto il risultato finale) un disco interamente in italiano. Quasi avvertisse la necessità di mettersi a nudo, di poterlo raccontare con parole che tutti possiamo comprendere questo disordine interiore: “Ora che ho cantato tutte le parole/ le tasche mie son più leggere/ ora che ho scoperto tutte le mie carte/ posso respirare ancora un po' più forte/ […] le mie rime sono sincere/ ora che non ho più veli/ dove porteranno le mie ali schiuse al sole?”. 

Un disco, insomma, questo L'età del disordine, molto intimista, quasi lirico in certi punti. E se qualcuno aveva temuto che così facendo, la cantautrice perdesse il suo mood più prettamente internazionale, resterà invece sollevato. Perché Petrina non solo non abbandona certo le sonorità che la hanno fatta apprezzare in questi anni ma si dimostra capace di allinearsi alla grande tradizione cantautorale italiana. Un disco che sa porsi ai massimi livelli di quello che potremmo definire il filone indie-rock con venature elettroniche, che poi tanto elettroniche non sono come riferisce lei stessa: “Quelle che possono sembrare tracce di elettronica sono in realtà chitarre suonate in modo non convenzionale, crini e bulloni sulle corde del pianoforte, piatti di batteria rotti e bacchette per mangiare il sushi usate come battenti. Ho cantato su vecchissimi microfoni a nastro (gli stessi usati negli studi RCA a New York negli anni 50), in alcuni casi sdraiata a pancia in su, col diaframma galleggiante...Ogni strumento è passato attraverso mixer analogici e preamplificatori valvolari, per restituire all'ascolto tutto il calore del suono reale, dello spazio attorno, delle nostre emozioni".

 

Ecco, un disco di emozioni. In cui si contemplano cicatrici sul dorso della mano, a forma di volto, che possono anche fisicamente rimarginarsi, ma che lasciano segni profondi nell’anima. E per certi aspetti L’età del disordine si muove proprio tra questi due fronti: il fisico, il terreno e l’anima, lo spirito. Da una parte insomma si contempla una natura che rivendica con forza la propria autonomia rispetto all’uomo: le begonie che crescono sul terrazzo e fanno amicizia con i fiori della cucina (Begonie); la natura che si riappropria dei propri spazi mentre l’umanità era confinata in casa a causa del lockdown (Panorami-che). Dall’altra la riscoperta del corpo quale antidoto al disordine, perché la cura del corpo esige disciplina (Ginnastica). O come risposta alle troppe umiliazioni subite dalle donne (“non sono io quella che fermerai/ non sono io quella che umilierai/ dalla tua costola non sono nata mai/ dalla tua cintola io mi divincolo”, Cocktailalchemico).

Ma, come detto, i punti più alti Petrina li raggiunge quando si racconta senza filtri, senza veli - perché comunque nel disco filtri e veli (dati da frasi sarcastiche e sberleffi vari) ci sono eccome - dando voce al proprio dolore, alla propria fragilità. Come accade nella commovente Cosa sai di me. O come in Era ieri dove la voragine che si apre è data da una solitudine (simboleggiata qui dai correlativi oggettivi dei “maglioni snodati, ammucchiati” e delle “poltrone da mesi ingombre”) che in qualche modo si deve affrontare. E non sarà certo un caso che in ben tre brani il protagonista debba affrontare una sorta di caduta a testa in giù.

 

Se, come detto, l’uso dell’italiano credo derivi dalla necessità di raccontarsi fino in fondo, Petrina però si dimostra abilissima anche nel suo utilizzo più prettamente espressivo, tra rime interne (“attorno agli astri disastri”); paronomasie (“Amore è un mare amaro, amore è un maramao”); sinestesie (Cuore nero); crasi (Cocktailalchemico); prosopopee (“amore è un vecchio che sa tutti i proverbi”); e soprattutto giochi di parole (“Cosa sai di me, sai di me, sai dimenticare”, Panorami-che). Qua e là, infine, emergono persino autocitazioni (“e mio padre era saggio e si è fatto la galera/ per passare con l'amore suo almeno una sera”, vicenda che era già stata raccontata proprio dalla madre di Petrina in Lina nel suo primo disco) e rimandi alle grandi figure cantautorali (la personificazione dell’assenza - “La tua assenza bussa con insistenza” - non può non far pensare allo straziante “La tua assenza è già un assedio” di ciampiana memoria, ma anche alle “assenze apparecchiate per cena” di De André).

Sapientemente arrangiato da Marco Fasolo (fondatore dei Jennifer Gentle e produttore degli I Hate My Village), L’età del disordine - ce ne fosse stato ancora bisogno - dimostra una volta di più la bravura e la grandezza di un’artista che nel corso degli anni ha saputo ammaliare personalità del calibro di David Byrne

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Debora Petrina
  • Anno: 2022
  • Durata: 48:43
  • Etichetta: Label: Alter Erebus

Elenco delle tracce

01. Begonie
02. Cocktailchemico
03. Ginnastica
04. Era Ieri
05. Panorami – che
06. Amore È Cieco
07. Astronauta
08. Cuore Nero
09. Cosa Sai Di Me
10. Jingle
11. Piccola Cicatrice

Brani migliori

  1. Cocktailchemico

  2. Era ieri
  3. Cosa sai di me

Musicisti

Petrina: voce, piano, tastiere, chitarra - Marco Fasolo: chitarra, basso, percussioni - Andrea Davì: batteria, percussioni