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Belle fedeli ed infedeli: maestri e allievi per de/scrivere futuri

La musica è lavoro è uno degli slogan del Medimex. Perché la musica è società, politica, economia, perché ha un valore spendibile e traduce una visione del mondo. Ma ha anche un valore incalcolabile, perché è cultura, che insegna alla ragione e al cuore. E si impara dai maestri.

Tra questi, la Puglia della prima Fiera del Mediterraneo parte dal “suo” Domenico Modugno: nell’evento inaugurale un parterre de roi ha onorato giovedì 24 la memoria di Mr. Volare, attingendo dai colori delle sue canzoni una linfa intima, che ne rispetta e rinnova l’essenza.

Tra i tanti artisti della staffetta per il Mimmo nazionale al Teatro Petruzzelli di Bari a proporre belle fedeli ed infedeli, si distingue un Pino Marino che in Piove dialoga con le schitarrate che fuoriescono da un registratorino, per poi domarle in una performance che ha un’allure lo-fi vintage e la forza senza fronzoli della sua voce, che ferisce/fiorisce di emozioni nel ritornello ricco di acuti. E se Simone Cristicchi dipinge con delicatezza la figura di Un vecchio frac, il migliore antidoto che la musica di Modugno addita alle tentazioni autodistruttive è nella poesia di Meraviglioso, che Cristina Donà accarezza con quella voce densa di calore che sa raccontare la perfezione conchiusa dei piccoli miracoli del quotidiano.

La lezione drammatica di Modugno rivive nella voce potente del coinvolgente Peppe Voltarelli e nella favola tragica de Lu pisci spada di Peppe Servillo; quella sociale più nell’eleganza jazzata e poi mirabolante della Malarazza di Roy Paci che nelle forzature attualizzanti di Daniele Silvestri e Vinicio Capossela.

L’educazione sentimentale si pratica nell’infinito amore che sconcerta e commuove in Dio come ti amo, a cui Paola Turci sa ridonare un’intensità lancinante.

Ma la musica è anche politica – si diceva. E lo ricorda a chiare lettere Pierpaolo Capovilla, che racconta in anteprima assoluta venerdì 25 il terzo album del Teatro degli Orrori. Frontman degli One Dimensional Man dal 1995 e del Teatro degli Orrori dal 2005, è tra gli allievi che ormai cominciano ad assumere la statura di maestri. In primis in quella realtà che secondo il magnifico paradosso di Artaud sul palco diventa ancora più reale.

Se il futuro sembra potersi distinguere dal presente in peggio, incutendo il timore di una prossima realizzazione di distopie quali quelle del cult-movie Decoder, che dalle riflessioni di William S. Burroughs trae un’idea di “muzak”, canzonetta di sottofondo nei fast-food, in grado di condizionare e passivizzare le menti, il TdO strizza l’occhio ad Aldous Huxley nel titolo Il mondo nuovo (già sottotitolo del Fetus di Battiato), per incitare a lottare per costruire un futuro diverso. L’album, 16 brani per 70 minuti di musica, sarà un concept sull’immigrazione, ma anche su una parola desueta come sacrificio, come perno di un percorso da compiere per cambiare la propria vita e quella degli altri, che può essere impervio, ma, al di là del risultato, rende l’esistenza più degna di essere vissuta, coniugando utilità e bellezza.

La rivelazione del Tenco 2008 Le Luci della Centrale Elettrica presenta invece il suo ep per XL, intitolato C’eravamo abbastanza amati e giunge ad un confronto esplicito con numi tutelari evidenti (i C.C.C.P. di Emilia paranoica) e ancora sotterranei, come l’inaspettatamente amato De Gregori di Dolce amore del Bahia e il Battiato di Summer on a Solitary Beach. Questi due cantautori storici sono la fonte di una lezione di leggerezza liberatoria e di “feroce felicità” anche nel narrare canzoni d’amore al contrario (nel caso del Principe della Pecora), per uscire da quell’oscurità di sogni in frantumi e periferie degradate tipica delle sue canzoni. Di più: Brondi duetta nell’ep anche con Manuel Agnelli in Oceano di gomma, che gli appare un esempio di forza che non ha bisogno dell’urlo, di parole aspre, o di sonorità potenti per guadagnarsi terreno.

In un laboratorio di alchimie sonore verso nuovi futuri musicali, Brondi annuncia di provare in questo ep a misurarsi con vere melodie vocali e di sperimentare nella title-track inedita una scrittura finalmente più narrativa, laddove già la guida delle vicende del film Ruggine aveva reso più ordinato e limpido il testo di Un campo lungo cinematografico, qui riproposta con Rachele Bastreghi dei Baustelle.

Ma per de/scrivere nuovi futuri musicali Brondi e Capovilla si sono seduti anche alla tavola rotonda Chi ha paura della musica? sabato 26, con Franco Battiato, Caparezza, Tommaso Colliva (Calibro 35) e Daniele Silvestri.

La strada verso il domani muove ed ordina i suoi passi sempre da ieri: generazioni artistiche diverse hanno riattraversato le loro esperienze (l’errore del compromesso per il Caparezza un tempo Mikimix, i fischi dei festival pop accolti senza batter ciglio dal primo Battiato sperimentale, la scelta di una strada dura, ma chiara per Brondi, il successo che premia una musica di contenuti per Capovilla e il TdO, le 14 ore di lavoro al giorno in studio con i Muse per Colliva in qualità di fonico), per trarne un insegnamento di necessaria fatica e coerenza.

Come offrire però maggiore visibilità alla musica di valore, come favorire l’ “incontro” con artisti ancora poco noti, se l’on demand e le ricerche sul web presuppongono già una conoscenza, le radio “schiavizzano le etichette”, come afferma Battiato, e i canali musicali non garantiscono spazi alla musica che esuli dai canoni commerciali? Capovilla lamenta la lottizzazione della Rai, Silvestri si appella al dovere dello Stato di educare all’ascolto, Caparezza sogna altri canali senza queste barriere, ma Luca de Gennaro di Mtv fredda gli entusiasmi ricordando lo scarso successo e la chiusura di Mtv Brand New.

Le logiche del business sono estranea alla qualità, per quanto forse la possibilità del traino del tormentone di turno esista, ma la fame di musica vera può essere riaccesa, se è stimolato adeguatamente l’appetito di ciò che sa nutrire la mente e l’animo, com-muovere ed anche muovere alla lotta per un futuro sociale e politico differente.

Il come è da scoprire e da costruire. E se siamo qui, è anche perché, tra le sconfitte e le crisi di un sistema economico ed esistenziale precario, noi continuiamo a recitare comunque il nostro credo a favore della musica.

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