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Ciao Enzo! Un riuscitissimo omaggio di Paolo Jannacci e decine di musicisti nel giorno del 79° compleanno di Enzo il 03 giugno

Molti gli eventi dedicati ad Enzo Jannacci in questi mesi a Milano. L'evento clou al Dal Verme

Oltre due ore di spettacolo e di commozione

Milano ha salutato Enzo Jannacci nel giorno del suo settantanovesimo compleanno. In un teatro Dal Verme gremito, con l’orchestra dei pomeriggi musicali ed una turba di amici che hanno seguito Jannacci in un periodo, lungo, della sua carriera. Come ad esempio il grande Sergio Farina, chitarrista storico di Enzo, e su tutti il figlio Paolo, musicista di prim’ordine di cui il papà andava, giustamente, fiero. Così, dopo l’incontro al Teatro Carcano (‘In pè’…come dice la canzone Veronica), dopo il raduno di tanti musicisti che hanno suonato nel corso della cerimonia di intitolazione della casa di accoglienza di Via Ortles proprio a Jannacci, dopo varie iniziative che si sono avvicendate in città perché Milano ricordasse questo figlio illustre, alla fine (e non poteva che finire così…) dal palcoscenico di un teatro il saluto più vero, più bello, più sentito.

Paolo Jannacci è stato il maestro di cerimonie e mai lo si era visto così loquace, così aperto, così “leggero” nel porsi nei confronti del pubblico e, data la serata, una giusta dose di emozione ci sarebbe stata tutta. Invece no: niente emozione, ma tanta passione e voglia di fare risaltare la figura di suo padre, del suo grande ‘papà’, come ama chiamarlo lui. Così, pronti via, ecco pronti quattro pezzi del repertorio di Jannacci figlio giusto per manifestare lo spessore artistico di questo musicista che, dal tre giugno, possiamo dire che non si tratta solo del figlio di Jannacci, bensì di Paolo Jannacci figlio di Enzo. La sua è stata una cavalcata tra le note del pianoforte che ha avvinto l’auditorio ed a fatto scoprire, a chi non lo sapesse già, che lui è un grande musicista capace di variare dal jazz allo swing, dalla classica al latinoamericano, dalla canzone d’autore al pop melodico. Paolo Jannacci si è mostrato come un folletto imprendibile, un artista capace di sovvertire ogni schema con grazia, naturalezza e talento. Una performance capace di evidenziare con forza che, talvolta, il talento si tramanda…

E poi via, in un turbinio di suoni e di parole che si voleva non finissero mai, con le canzoni in ordine sparso…con Paolo Tomelleri (qui nella foto), amico d’una vita del padre e poi del figlio, che ha affiancato band ed orchestra, munito del suo sax, nell’esecuzione di El purtava i scarp del tennis eseguita in una versione sontuosa che ha fatto accapponare la pelle a tutti i presenti. Tomelleri, un grande artista che pareva incarnare l’immagine della saggezza e della sacralità della musica. Canzoni sussurrate, come la struggente Vincenzina e la fabbrica, scritta da Enzo con la collaborazione di Beppe Viola o quasi gridate come Musicall (che Enzo eseguì solo una volta dal vivo), con una potenza sonora davvero entusiasmante ed eseguita con grande perizia da Paolo e dalla band.
L’Armando è stata riconosciuta al primo accordo di pianoforte e sentendo quelle note è venuto immediatamente alla memoria l’immagine del ‘papà Enzo’, nelle immagini di TV in bianco e nero, cantare con sussiego ma anche a squarciagola, una storia surreale (una delle tante…). Ed insieme a canzoni così impetuose hanno fatto capolino momenti quasi di intimità quali Taxi e Io e te. Morbide, suonate e cantate da Paolo Jannacci quasi con modestia, con una sorta di remora ad essere troppo “invasivo” rispetto alle versioni originali. Esecuzione perfetta, silenzio completo, quasi da chiesa…segno di sacro rispetto per l’autore, gli esecutori e la musica. C’è stato tempo anche per una saluto a Mauro Pagani, produttore ed arrangiatore dell’ultimo album di inediti di Enzo Un uomo a metà. E le parole e le musiche de L’uomo a metà hanno riempito il teatro di grande nostalgia e stupore per la bellezza di un brano poco conosciuto eppure, di grande fulgore artistico scritto a quasi settant’anni, segno di una creatività che non si è mai fermata. La versione di Quelli che…è stata una sorta di happening in cui sono avvicendate parole della canzone originale ad altre aggiunte in seguito da Enzo e, pensiamo, anche da Paolo.

Un blues infinito che ha ammaliato, come sempre accaduto nel corso delle sue innumerevoli esecuzioni, il pubblico del teatro. Arriva anche il momento della canzone leggera e tornando alle vicissitudini ed atmosfere del periodo Derby ecco apparire una scanzonata versione di E la vita, la vita…, nota anche per l’interpretazione del duo Cochi e Renato che, all’inizio degli anni ’70 contribuirono ad indirizzare il pubblico televisivo verso altri percorsi di comicità possibile…Scanzonata, trasandata, ironica, allegra, questa canzone appare come una sorta di alter ego a Ci vuole orecchio il cui testo fu scritto da Gino & Michele a cui la musica di Enzo diede il colpo di genio per renderla indelebile dalla memoria degli ascoltatori. In questo caso il suono della band è all’apice della sua potenzialità strumentale e, può sembrare un contro senso, leggerezza assolute. C’è anche spazio per un tributo al grande amico Paolo Conte con la bella versione di Mexico e nuvole, canzone che ormai veleggia per le 50 primavere ma che rimane un caposaldo nella poetica artistica di papà Enzo e che riporta alla memoria quell’Italia – Germania 4 a 3 che rendeva le partite di calcio degne d’essere seguite. Ora invece…

Ma stiamo alla musica e citiamo Luigi Tenco, che Paolo ricorda in una bella versione di Com’è  difficile. Anche in questo caso a far da contorno alle liriche ed alle note c’è il grande silenzio del pubblico. E poi…certamente ci siamo fatti sfuggire qualcosa perché queste righe non dovevano essere scritte e la memoria non è più quella di una volta ma c’è anche il tempo per una versione corale di Vengo anch’io, no tu no…che viene interpretata anche dal pubblico, diviso in tre settori, con il grido di “no tu no”.
Grande successo commerciale il cui testo è stato ricordato anche nell’omelia di Don Roberto D’Avanzo, responsabile della Caritas Ambrosiana, il sacerdote che celebrò il funerale di Enzo nella Basilica di Sant’Ambrogio. Bella e travolgente versione di uno dei brani che iniziò la moda dei “tormentoni” musicali. Ma questo, certamente, molto ma molto sottile nel denunciare tante situazioni “sconvenienti” (il testo originale aveva due strofe in più che vennero tagliate dalla censura: in una si parlava della disgrazia mineraria di Marcinelle e nell’altra del dittatore Zairota Mobutu…). Il saluto è, forse, tutto in una versione quasi sussurrata di Sfiorisci bel fiore (“canzone che piaceva alla nonna” informa Paolo). Una dolce e serena ninna nanna che pare evocare il sorriso sereno di Enzo che, lassù, ne avrà già combinate di tutti i colori…

Protagonisti: Paolo Jannacci: pianoforte e voce; Stefano Bagnoli: batteria; Sergio Farina: chitarre; Marco Ricci: basso elettrico; Daniele Moretto: tromba e flicorno; Maurizio Bassi: direzione; Marco Brioschi: tromba; Paolo Tomelleri: sassofono, Orchestra dei pomeriggi musicali di Milano; il pubblico di Milano, la magia, il sorriso e le lacrime delle canzoni di Enzo Jannacci…

 


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