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Quante volte aprendo un giornale, che sia cartaceo oppure online, veniamo travolti da notizie di attualità, cronaca dai toni negativi che ci predispongono a un senso di smarrimento e depressione ...

Micol Martinez

Copenhagen

Copenhagen è un disco molto bello e lo voglio dir subito a scanso d’equivoci, anche se ammetto che la prima volta che l’ho messo nel lettore, dopo dieci venti secondi ero indeciso tra il saltare subito alla seconda traccia o il toglierlo dal lettore, ma passato l’attimo di smarrimento e proseguendo nell’ascolto ho capito subito di trovarmi davanti ad un gran disco, decisamente notevole per una cantautrice, Micol Martinez, che è al suo esordio discografico dopo molti live ed un’attività di dj.

La traccia “incriminata” è Copenhagen, una murder ballad davvero dura, martellante, a tratti inquietante, che messa lì come traccia iniziale toglie davvero il fiato e trascina l’ascoltatore di botto e con forza dentro una storia di solitudine e di morte «la mia paura ora è il suo male / e se ora la uccido non me ne voglia / è per amarla senza rischiare di farmi male».

 

La durezza di questo brano resta in realtà un episodio abbastanza isolato all’interno di questo progetto che vede alla regia il catanese Cesare Basile, che oltre a curare la produzione artistica ed al missaggio del disco ha collaborato con Micol anche alla scrittura delle musiche di tre brani e ha suonato un bel po’ di strumenti, lasciando la propria impronta soprattutto per la cura maniacale dei suoni. Micol Martinez da parte sua ha una splendida voce che ricorda molto la ruvidità di Nada ma con una maggior dose di sensualità. Se il disco è dal punto di vista del minutaggio piuttosto breve si presenta tuttavia complesso e ricco di sfumature.

 

Ho fatto davvero fatica ad individuare i tre pezzi migliori, perché le chicche sono decisamente maggiori, c’è Mercanti di parole che gode del fascino tribale del banjo di Basile e dei magici fiati di Enrico Gabrielli, c’è l’ipnotica Il vino dei ciliegi caratterizzata dal basso di Roberto Dell’Era, il banjo di Basile ed il violino di D’Erasmo che gioca ad imitare un theramine, poi ci sono brani come Stupore e A guado che ricordano un po’ la più recente Carmen Consoli, quella di Elettra tanto per intendersi e che non sono certo da meno di quelli della più nota collega, per la ricerca di testi mai scontati e l’interpretazione.

Se Il cielo è un episodio ancora piuttosto ossessivo e claustrofobico, che parla d’amore in modo molto carnale «sfiorami ora che puoi / apri le mie labbra e saziati di quel che sei … sfamati ora che puoi / sazia le mie labbra di quel che sei», Testamento biologico è un altro momento alto, sembra iniziare come una vibrante jam-sassion, ma qualcosa sembra all’improvviso interrompersi, come può purtroppo può accadere anche ad una persona a causa di tragico trauma ed allora tutto cambia, il ritmo si fa lento e quasi sospeso in un limbo, fino all’amara conclusione «se è la sola cosa che rimane / chiedo il pieno rispetto di lasciarmi andare».

Dopo l’altro episodio duro rappresentato da L’ultima notte ecco la conclusiva Donna di fiori, forse il brano più bello di questo disco che ha la caratteristica di attrarre proprio perché è impregnato di vita e morte, di luce e buio, di piacere e dolore. Mi sono già dilungato troppo, meglio che vi lasci ascoltarlo.

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Cesare Basile con la partecipazione di Luca Recchia
  • Anno: 2009
  • Durata: 26:40
  • Etichetta: Discipline / Lucente/ Venus

Elenco delle tracce

01. Copenhagen

02. Mercanti di parole

03. Il vino dei ciliegi

04. Stupore

05. Il cielo

06. A guado

07. Testamento biologico

08. L’ultima notte

09. Donna di fiori

Brani migliori

  1. Il vino dei ciliegi
  2. Testamento biologico
  3. Donna di fiori

Musicisti

Micol Martinez: voce, cori (5), glockenspiel (6), chitarre (6) Cesare Basile: chitarre (1, 2, 3, 4, 5, 8, 9), piano (1), batteria (1), banjo (2, 3, 6), glockenspiel (6, 7), cori (5), kalimba (7) Luca Recchia: basso (1, 2, 4, 5, 8) piano (1), tastiere (2, 4, 5, 8, 9), shiruti (2, 6), glockenspiel (6), cori (5), pianoforte (7) Alberto Turra: chitarre (9) Roberto Dell'Era: basso (3, 7) Enrico Gabrielli: fiati (1, 2, 5, 8) Alessio Russo: batteria (1, 2, 4, 5, 7, 8, 9) Rodrigo D'Erasmo: violini (2, 3, 7) Fabio Rondanini: batteria (3) Alfredo Aliffi: basso (9)