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Paolo Rigotto

Hikikomori

Mettetevi (s)comodi e ascoltate l’ultimo lavoro di Paolo Rigotto.
Si intitola Hikikomori, termine giapponese che indica una condizione di isolamento volontario. “Un disco sui disagi, quelli che ci creiamo per sentirci a nostro agio…sull'anomalia che ci rende normali”.

Queste le parole di Paolo Rigotto per introdurre il suo lavoro che gioca molto con questi e altri ossimori. Pubblicato da Hi-QU Music, il disco stesso sembra essere una sorta di hikikomori del panorama musicale italiano. Traccia dopo traccia crea un mondo isolato, lontano da quello che si è soliti ascoltare, che, pur suggerendo confronti con generi musicali da cui Rigotto, che è autore dei testi e delle musiche, si è lasciato chiaramente ispirare, definisce una linea stilistica molto personale che sembra essere una sperimentazione continua. Anche la veste grafica è molto originale e non passa inosservata: dettagli di oggetti che sembrano richiamare il minimalismo giapponese e che giocano sull’illusione pareidolitica.

Hikikomori è un disco che sorprende. Le linee melodica e narrativa risultano a volte imprevedibili, le canzoni virano su “curve” inaspettate. Se al primo ascolto per alcuni potrebbe risultare spiazzante, il secondo ci guida nel suo mondo a tratti psichedelico in cui si colgono più nel profondo le riflessioni sociologiche di cui il disco è ricco. Le parole sono ben misurate, il linguaggio preciso, diretto, che trova un perfetto incastro con la musica, in cui si apprezza l’incontro tra il rock, la new wave, l’elettronica, ma anche il jazz e (lontanamente) il pop. Con sarcasmo e ironia il disco descrive il disagio sociale in canzoni come Hikikomori (“dormo nel pluriball”, ci fa sapere Rigotto, è una citazione del film coreano “Castaway on the moon”), Falso e invalido (“Non stavo bene così da quando ero all’ospedale…”), Ho fatto anche cose buone (“Ma ho fatto anche cose buone, ho ringraziato le persone che son riuscite a farmi ridere...”). È velatamente intimo e sentimentale in Wainer, Strano Giorno, Agorafobia (“Quanto spazio sprecato in cui non sono stato…da sentirmi libero e imprigionato”). Non manca un po’ di sana follia in Mi drogo poco e La storia, canzone, quest’ultima, incalzata da un jazz dinamico che conferma anche l’ottima capacità strumentale di Paolo Rigotto, che collabora anche come produttore e musicista con importanti artisti della scena italiana tra cui Banda Elastica Pellizza, Giangilberto Monti, Powerillusi, Carlot-ta, senza dimenticare il legame artistico e di amicizia che aveva stretto con Roberto “Freak” Antoni.

Hikikomori è un disco fuori dagli schemi, imprevedibile e intelligente. Siamo soliti apprezzare, anche un po’ inconsciamente, soprattutto una musica che ci rimanda a qualcosa che abbiamo già ascoltato, melodie prevedibili che ci confortano. Ci parcheggiamo in una zona in cui ci sentiamo comodi ma che rischia di farci assuefare al conosciuto e non ci porta a esplorare soluzioni musicali diverse. Se avete voglia di fare un salto fuori da questa zona di confort, mettetevi (s)comodi e addentratevi nel mondo di Hikikomori.

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In dettaglio

  • Produzione artistica:   Paolo Rigotto
  • Anno: 2020
  • Durata: 40:22
  • Etichetta: Hi-QU Music

Elenco delle tracce

01. Sento le voci
02. Falso e invalido
03. Hikikomoriì
04. Ho fatto anche cose buone
05. Mi drogo poco
06. Agorafobia
07. Wainer
08. L’imprevisto
09. Strano giorno
10. La storia
11. Mi piaccio

Brani migliori

  1. Hikikomori
  2. Ho fatto anche cose buone
  3. Wainer