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Lou Seriol

Occitan

Quando ci si accosta a opere scritte in una lingua disusata, come per Apocalypto e The passion o il recente film su Romolo, la prima cosa che deve fare il critico è chiedersi se quell’opera avrebbe lo stesso valore fuori dal contesto esotico che caratterizza una lingua di nicchia. Se per le opere di Mel Gibson il trucco mette a nudo la triste verità di film scontati e melliflui, non si può certo dire che Occitan dei Lou Seriol sia un album che fonda la sua bellezza sulla sua lingua. E ciò lo dico con tutta la trasgressività che può portare con sé un’affermazione del genere: non è il provenzale delle isole alloglotte italiane a essere interessante in questo disco, che nonostante il tematico titolo è il quinto della loro lunga carriera; ma è protagonista la musica, fondata su una precisione e un incastro di ritmi fantasiosi e a volte destabilizzanti.

Esplorando i generi più ballabili di una tradizione popolare stile anni ’90, quella che con la Bandabardò e i Modena City Rambles aveva portato tra i giovani una musica raffinata dal punto di vista ritmico eppure attaccata a una concezione nazional-popolare molto di sinistra, i Lou Seriol si accostano a un folk ballabile. Ma se la base è questa, il gruppo varia in diverse direzioni: la canzone dedicata alla propria terra, che apre l’album, Occitània, si attesta su un reggae molto tradizionale; la straordinaria Fungo dance invece rivede nell’ottica timbrica popolare il genere della dance, calando direttamente dagli Chic l’amore per giri di basso coinvolgenti, e dagli Earth, Wind & Fire i riff rocamboleschi di fiati all’unisono. E già in questi due brani si nota come si cerca di correggere il difetto di semplicità armonica che caratterizza il genere estremamente folk, soprattutto in Occitània, quando si sceglie una zona d’ombra riflessiva straniante per accordi e sonorità, come un cirro che si addensa sulla libertà, sporcando il tipico genere giocoso reggae, anche se già la marleyana Sun is shining usava lo stesso espediente. 

Tutto ciò crea un’originalità che appunto non ci potevamo aspettare da chi volesse fondare sulla sua parlata l’intero suo orgoglio musicale: è ormai normalizzata la lingua nella loro musica; semmai il discorso serve solo a poter parlare liberamente di politica, come in Ladres. Per questo la cover di Anarchy in the U.K. dei Sex Pistols non è interessante solo per essere in moderna lingua d’oc, e neanche per aver trasposto nel funky popolare il punk rivelandone le attinenze; ma perché l’anarchia sperata è per l’Occitania, terra evidentemente sotto pressione per vari motivi. Proprio per questo motivo il miglior pezzo è sicuramente Costellacion, che mette in scena in maniera giocosa e gioiosa un messaggio di speranza di tutti quelli che si affidano alle stelle per attraversare il mare e avere una vita migliore, una vita che tutti meriterebbero. Solo mischiando fisarmonica e chitarra elettrica, ritmi percussivi e urli liberatori si può ottenere la libertà che traspare da ogni nota di quest’opera, forse per pochi, eppure così popolare.

 

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Riccardo Parravicini e Lou Seriol
  • Anno: 2018
  • Durata: 46:50
  • Etichetta: Egea

Elenco delle tracce

01. Occitània
02. Constellacion
03. Ladres
04. Zen
05. Fungo dance – La dança dau bolet
06. Duèrm
07. Darbon
08. Crobas
09. Joanina dal Batalh
10. N’ai pro
11. Libres
12. Anarquia en Occitània

Brani migliori

  1. Occitània
  2. Constellacion
  3. Fungo dance