Poche parole per questo artista al suo debutto. «Le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate», così Dario Elia, musicista e autore sardo presenta il suo lavoro “futurista”. La sua musica spazia tra atmosfere fusion, jazz, ambient e qualche breve momento “midi” di pura elettronica, in altri momenti invece sembra entrare in una cattedrale di suoni classici che ricordano un po’ le musiche monofoniche ecclesiastiche. Con un occhio al mondo d’oltreoceano psichedelico, ed uno al primo Battiato, Elia crea immagini incredibili che lentamente rincorrono le note e viceversa: suoni discreti, spesso ripetitivi, talvolta tristi e solitari, minimali e semplici.

Questo lavoro nonostante sia curato, non è sicuramente musica semplice da fruire. L’autore sembra esser a suo agio tra questi suoni, ha bene le idee chiare in testa e sembra sapere bene dove voglia andare, ma forse il successo sta nel riuscire a descrivere quello che ognuno di noi ha nel cervello ed in questo caso con qualche riff un po’ più accattivante e qualche minuto in meno, tutto sarebbe stato più semplice.

Spesso la forma canzone è scomposta e ricostruita secondo cellule che hanno vita a se stante. In aggiunta, l’impostazione vocale è abbastanza monocorde, l’album nel suo insieme è scuro, lento, troppe le ombre e troppi echi, troppo pochi i segni particolari per questo lavoro che sembrerebbe fin dai primi minuti invece davvero interessante ed innovativo.

A tratti la chitarra ricorda Santana, la voce Antony and the Johnson, ma la poesia è troppo lenta per essere compresa, parole sparse come in un quadro astratto cercano di ricomporsi senza riuscirci. In definitiva è comunque un progetto ambizioso che vale la pena ascoltare e riassaporare con calma, speriamo che il futuro porti un po’ di sole e qualche momento più sereno.

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