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Nuovo album per Roberta Giallo, anticipato ...

Quante volte aprendo un giornale, che sia cartaceo oppure online, veniamo travolti da notizie di attualità, cronaca dai toni negativi che ci predispongono a un senso di smarrimento e depressione ...

Nel segno del vibrafono

Uno strumento tutto sommato raro ma capace di caratterizzare il sound di un gruppo è un po’ il fil rouge della nostra odierna carrellata

 

Parte felicemente irregolare, quasi intemperante, Radici (Aut), il cd da cui partiamo oggi, opera del duo Naom, il cui nome deriva dalle prime due lettere dei nomi dei suoi membri, i polipercussionisti Nazareno Caputo (foto sopra) e Omar Cecchi, più incline alle timbriche morbide di vibrafono e marimba il primo, più a un drumming comunque molto aromatico il secondo. Lungo queste traiettorie si muove un album di fattura elegante e concettualmente vivace, cui contrapponiamo subito un altro duo, quello composto da Michele Fattori, chitarra, e Marcello Sebastiani, contrabbasso, che in Gavagai (Notami) scelgono di alternare temi propri e altrui (Mingus, Davis, Jim Hall), privilegiando un eloquio piano e accogliente che può accontentare sia chi è legato al grande ceppo jazzistico, sia chi prediliga soluzioni un po’ più inusuali, quelle che – a piene mani – caratterizzano il terzo e ultimo duo di cui riferiamo oggi, Ad agio (myLab) di Rino Adamo, violino, e Claudio Riggio, chitarra, entrambi anche elettronica e voci, in un interagire che, in una progressiva perdita di corpo e consistenza, valorizza al massimo grado un livello sonoro prossimo allo zero, quindi il silenzio – potremmo dire – come terzo elemento di un dialogo solo teoricamente a due.

Salendo di un’unità, un’impronta neanche troppo dissimile caratterizza anche Futuro ancestrale (Clean Feed) del trio formato dal pugliese Giuseppe Doronzo, sax baritono e cornamusa, dall’inglese Andy Moor, chitarra elettrica, e dall’americano Frank Rosaly, percussioni. Anche qui il gioco a rimpattino fra suono e silenzio è piuttosto marcato, pur con una tensione ben più spiccata verso il primo, specie strada facendo. Un’originalità garantita, che possiamo di buon grado riconoscere anche a In the Grip (Aut) del quartetto Circles 44, in cui entra un pianoforte, mentre alle ance (clarinetti basso e contrabbasso) c’è Achille Succi. Tutto si fa inequivocabilmente più vitale, esplicito, con risultati di sicura consistenza.

 

Sempre in quartetto, assolutamente magistrale è Domicide (Aut), ultimo lavoro del flautista friulano Massimo De Mattia, assiduo frequentatore di questa rubrica, e del suo Suonomadre (foto qui sopra), ancora con vibrafono (Luigi Vitale), pianoforte (Giorgio Pacorig) e percussioni (lo sloveno Zlatko Kaucic). Una vitalità creativa senza freni caratterizza il cd, pieno e convincente sotto ogni aspetto, per architetture interne, interscambio fra i musicisti, gesto, dinamiche, ispirazione. Una gemma lucentissima, e può essere in tal senso svantaggioso passare subito dopo a Song from the Past and the Holy Spirit (autoprodotto) del vibrafonista (è un po’ questo il fil rouge di oggi) veronese Paolo Peruzzi, con doppio sax, tastiere, basso e batteria tutti americani (scuola Berklee), perché il cd, pur solido, non ha certo le stimmate di originalità e maturità di “Domicile”, pur meritando comunque un plauso per la solidità e la padronanza linguistica di tutti. 

Passando ad organici più insoliti, eccoci ora a Vibrazioni misteriose (Notami), in cui il Quartetto di Saxofoni Guernica interpreta, con fare diremmo molto incline al classico, pagine di Walter Gaeta, di fatto primo responsabile dell’album, oltre che di Gershwin e Chick Corea, ora con in più una voce recitante, ora le percussioni di Israel Varela. Il prodotto è correttissimo, anche se alla fin fine un po’ asettico, poco emozionante.

Venendo a due lavori con al centro la voce femminile, eccoci anzitutto a Canto proibito (Giotto Music) di Ada Montellanico, in quintetto con Giovanni Falzone alla tromba, una sorta di co-leader, Filippo Vignato al trombone, Jacopo Ferrazza al basso ed Ermanno Baron alla batteria. Trattasi di pagine (o solo testi) anche molto antichi riletti in chiave squisitamente contemporanea (accanto a brani originali), impalcature solide, ottimo equilibrio tra le forze in campo e assoluta chiarezza d’intenti. In Memorie (nusica.org) la voce è invece quella di Nicoletta Taricani, in settetto con fisarmonica, violino e altro, secondo un’accezione di “contemporaneità” più composita, fra concretismo, cantautorato e ramificazioni popolari. Album di notevole maturità per la pur giovane cantante siracusana.

 

Stessa provenienza geografica per Absolute Storm (Sudetnika) del Lab Psl, realtà fondata oltre quarant’anni fa da Antonio Moncada (foto sopra) e da venti diretta con Carlo Cattano. Il cd in oggetto raccoglie materiale inciso ai tempi del lockdown e svaria dal duo all’orchestra, con presenze illustri a partire da Greg Burk e Sebi Tramontana. Risultati sparsi ma mediamente eccellenti. E andiamo a chiudere con un cd, stavolta, interamente orchestrale (un tentetto, in realtà), Songs ad Tunes (Notami), ottimamente coeso lungo tracciati più tipici dell’organico, attraverso dieci brani tutti composti e arrangiati con bella mano, non banale, dal bassista Ludovico Carmenati. E con ciò anche per oggi mettiamo il fatidico punto.  

Foto di Alberto Bazzurro (Moncada).

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