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Titanic

Gli anni Ottanta di Francesco De Gregori cominciano con la nascita di un nuovo Francesco De Gregori. Reduce da un movimentata seconda parte di Settanta (improbabili accuse di imborghesimento da frange di estrema sinistra, un disco splendido e poco capito come “Viva l’Italia”, il successo della tournée ‘Banana Republic’ con l’amico Lucio Dalla), il cantautore romano decide di guardare in controluce il decennio dell’entusiasmo e dell’ottimismo e a giugno del 1982 esce Titanic. Già dalla copertina – la foto è dello stesso cantautore: interno di frigorifero, limone, patata e mezzo pesce – mette le cose in chiaro: l’autore vuole continuare a essere sé stesso, concedendo davvero poco ad arrangiamenti e suoni di moda in quel momento e lasciando infatti di stucco i discografici della Rca di fronte alle nuove canzoni; sta invece per essere pubblicato uno dei dischi più belli della nostra canzone d’autore. Le canzoni si muovono in equilibrio tra musica popolare, qualche accenno di rock e cantautorato più classico. Sullo sfondo c’è l’epopea del Titanic, anche se l’album è un concept solo a metà: ci sono infatti le canzoni ‘autonome’ e c’è il trittico dedicato al transatlantico affondato nel 1912, cioè L’abbigliamento di un fuochista, I muscoli del capitano e Titanic.

La prima è una simil ballata popolare (al controcanto c’è infatti Giovanna Marini) in cui si immagina un dialogo tra una mamma che saluta il figlio fuochista pronto a imbarcarsi sul Titanic (“questa nera nera nave che mi dicono che non può affondare”) con la speranza di una vita migliore (“e avrai dei figli da una donna strana e che non parlano l’italiano/ma mamma io a dirti il vero l’italiano non so cosa sia e anche se attraverso il mondo non conosco la geografia”), mentre I muscoli del capitano è una delle vette dell’album - a parere di chi scrive uno dei testi più belli dell’intera produzione degregoriana - in cui la fiducia novecentesca nella tecnica e nel progresso lascia infine  posto alla paura per l’inevitabile tragedia (“la nave è fulmine, torpedine, miccia scintillante bellezza, fosforo e fantasia/ molecole d'acciaio, pistone, rabbia guerra lampo e poesia/ In questa notte elettrica e veloce, in questa croce di Novecento, il futuro è una palla di cannone accesa e noi la stiamo quasi raggiungendo”) e chiudere questo trittico l’apparentemente divertita Titanic racconta il viaggio verso l’America (di chi in America non arriverà mai) dal punto di vista di una ragazza di terza classe e di una ragazza di prima.

Ma al di là delle tante suggestioni regalate dalla metafora Titanic, l’album è per il resto composto da canzoni autonome. E che canzoni. C’è l’omaggio folk a Caterina Bueno con Caterina – ancora la canzone popolare -, la ricercatrice e cantante fiorentina (1943-2007) che volle accanto sé uno sconosciuto De Gregori in una tournée di inizio anni Settanta. C’è Nino, il dodicenne nato nel 1968, giovane calciatore dalle troppe paure, protagonista di una delle canzoni più emozionanti della musica italiana (La leva calcistica della classe ‘68, fondamentale il pianoforte dell’amico Mimmo Locasciulli). Ci sono il tocco lieve di Belli capelli, la visionaria Centocinquanta stelle e c’è il gran finale di San Lorenzo, cioè la Storia che incontra la canzone d’autore: il bombardamento americano del 19 luglio 1943 sul quartiere romano di San Lorenzo è descritto in modo asciutto, diretto come diretto non era mai stato un testo di De Gregori. Chiuso un capolavoro, ci vorranno pochi mesi per il seguente miracolo: nel 1983 il cantautore pubblicherà “La donna cannone”. Eccoli gli anni Ottanta di Francesco De Gregori.     

 

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