Giorgio Canali esiste, eccome. Continua il suo cammino rimanendo nell’ombra, senza che i più se ne accorgano. Ma di questo il nostro non se ne cura, anzi, sembra proprio l’oscurità e il suo personalissimo modo di “non essere”, la condizione ideale, il terreno fertile dove coltivare un cantautorato che nel corso degli anni si è decisamente ispessito, arricchito, fatto grande.

Nostra Signora della Dinamite – quinto disco del suo percorso solista e quarto coi Rossofuoco – risente positivamente del forte vento di creatività che soffia gelido sul suo punto d’osservazione. Un ridosso conquistato in anni d’esperienze, sterzate, rischi e incazzature, da dove oggi nascono le visioni autobiografiche di Quello della foto – traccia che apre quaratacinque minuti pungenti e senza scampo – le asprezze e le verità della sofferta Tutti gli uomini, e una serie di parole messe in fila senza mai tradire una coerenza verso il credo che esula religioni e convinzioni, che travalica confini non accettando mai l’idea di allinearsi a un insieme marcio e deviato. Canali emana disillusa leggerezza in Nuvole senza Messico, piega a suo piacimento un flusso sonoro che non risparmia diversi colpi emozionali ad altezza d’uomo comune (Rifugi di emergenza ma anche la title-track), capaci di rimanere ben impressi fin dai primi ascolti, magari anche un po’ distratti, ma già fatali. Con l’inanellarsi dei giri, l’album prende corpo e ci si accorge di trovarsi al cospetto – ma per chi lo frequenta questa non è una novità – di un qualcosa di incredibilmente solido, un pugno di canzoni veritiere dalle quali è bene non prendere precauzioni.

Il Mondo cambia, o almeno così sembra, ma ci sono personaggi che, nel bene o nel male, si ostinano a rimanere più che mai fedeli al proprio io. Giorgio Canali (ironicamente nato a Predappio, classe 1958 che neanche diresti), chitarrista e rocker italiano, tra i migliori per audacia, forza espressiva, ghigno elettrico, è uno di quelli.

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