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Teatro Petruzzelli, Bari

Targhe Tenco 2013

Un percorso coerente al di là di ogni canone, da precursore e predicatore nel deserto di una forma di canzone al di fuori dei topoi sdolcinati e retorici del tempo, una teoria di canzoni al contempo eleganti e brucianti, una fine drammatica che fu come andarsene sbattendo la porta: leggere il nome di Luigi Tenco e vedere filmati che lo riguardano su uno schermo provoca uno schianto convulso di emozioni differenti, dall’orgoglio alla commozione e all’ammirazione.

Ripensare al cammino del Premio in suo onore, organizzato dal Club Tenco, e rivedere i volti di nomi storici della musica italiana (qui una foto di Ivan Graziani, nella prima edizione del Premio, nel 1974, e presa dall'archivio del sito www.clubtenco.it) e mondiale, da Franco Battiato a Mia Martini e Francesco Guccini, da Nick Cave a Patti Smith inietta un’ulteriore dose di molteplici emozioni: il filmato con l’immancabile sigla Lontano lontano, quest'anno nuovamente non eseguita dal vivo, ma affidata alle immagini in bianco e nero di tempi vicini o lontani, ugualmente memorabili, prepara all’avvio della cerimonia della consegna delle Targhe Tenco 2013, per la seconda volta in trasferta, ma per la prima volta a Sud (l'anno scorso si era tenuta al Teatro Coccia di Novara), nella cornice dorata e riccamente decorata del Teatro Petruzzelli di Bari, nell’ambito del Medimex (in fondo all'articolo una foto del teatro prima dell'inizio della serata).

Non sarà comunque una serata nostalgica: i due conduttori David Riondino e Dario Vergassola subito settano l’atmosfera sull’ironico e l’informale (qui in una foto con Capossela verso la fine della serata), tra satira politica e vividi squarci sociali. Per di più il primo premiato della kermesse è il più iconoclasta della partita e violenta la tradizione più placida del cantautorato folk con lo spirito incandescente e indomito dell’hardcore punk (non a caso il nome della sua band, gli Zen Circus è un omaggio combinato ai due album degli Hüsker Dü Zen Arcade e Metal Circus): sì, stiamo parlando di Appino, premiato con la Targa per la 'miglior Opera Prima' per il disco Il Testamento. A consegnare il riconoscimento è Luca Valtorta, direttore di XL.
L’artista pisano si presenta in duo con un altro nome eccellente della sua generazione, Enzo Moretto, frontman degli A Toys Orchestra; sul palco ci sono quindi solo le loro chitarre, una grancassa e poi farà capolino dalla tasca di Appino anche l’armonica a bocca, ma, come solitamente accade nei live del progetto solista del leader degli Zen Circus, è quanto basta per rendere la potenza corrosiva dei brani. Il set parte con quella che è annunciata come una ninna-nanna, ma è una sorta di controfavola straniante (e uno dei brani più urticanti e travolgenti dell’album premiato): si tratta di Che il lupo cattivo vegli su di te, che parte lenta per poi crescere e divenire rock. Non resta che affidarsi al lupo in una società dipinta come un gregge dei diktat pubblicitari, che ha smarrito forza e curiosità; “la gente infama, tradisce e poi ride / in gran tranquillità” e nella sua ipocrisia perbenista non accetta alcuna forma di “diversità” rispetto ai suoi canoni omologati.

A proposito di contraddizioni, Appino non esita a sottolineare l’ossimoro visivo dell’aver portato in un teatro elegante gli strumenti con cui si suona per strada, dove “è nato tutto” e con quell’attitudine on the road è pronto a scolpire nelle coscienze la libertà di scelta/la scelta di libertà della title-track, ispirata a Mario Monicelli (e al suo suicidio). Il brano è di un’intensità lancinante, in bilico tra inno e ultime volontà urlate al/contro il mondo, per quanto l’accoglienza degli spettatori, forse non particolarmente ferrati sulla discografia dell’artista, non sia all’altezza o non sia sempre in sintonia con i picchi emotivi raggiunti dall’esibizione. In chiusura è l’ora de La festa della liberazione, che non è una canzone di protesta, ma inneggia alla liberazione “da fare dentro di noi”, come spiega Appino sinteticamente prima di lanciarsi nell’intro strumentale chitarra e armonica. Anche questo brano si inerpica su ottime vette emozionali, tra crescendo ritmici guidati dalla grancassa e la necessità di liberarsi dei propri tarli o del “talento di perdonarsi tutto”, in “questo paesino di grandi depressi”, dove regna sovrana una triste mediocrità senza fiammate, neanche per un falò; c’è tempo ancora per una dedica finale della Targa ai “giovani che si fanno un mazzo così per la cultura”.
E non si può dire che spesso non sia più una missione, una vocazione ostinata, piuttosto che un lavoro: in un Paese che nelle classifiche vede trionfare la melodia più melensa e i cliché sentimentali (o giovanilistici), bisogna avere una laica ed immensa fede nella musica per continuare a percorrere il proprio arduo cammino. Eppure per fortuna arrivano riconoscimenti come questi, a sugellare e mettere in evidenza la bontà di un cammino personale ed ispirato.

Dopo le battute di Vergassola sui risultati delle Primarie del PD, di cui giunge eco anche in Teatro, e una canzone di Riondino sull’esigenza di riformare il diritto di famiglia, è già ora (un po’ irritualmente forse, trattandosi del riconoscimento più prestigioso) di applaudire il vincitore della Targa per 'Miglior Album' dell’anno, Niccolò Fabi, accolto quasi con un’ovazione dai numerosi fan ed estimatori giunti nel capoluogo pugliese per festeggiarlo, ma in generale dal pubblico assiepato nello storico teatro barese.
A consegnare la targa questa volta è Ernesto Assante (La Repubblica), che sottolinea, tra le altre qualità, la “densità”, la “bellezza” e la “speranza” che caratterizzano le canzoni del disco (Ecco, il suo settimo lavoro), mentre Fabi racconta che sente di suddividere in qualche modo l’onore di questo premio per ognuno dei suoi lavori, come se glorificasse anche un percorso, oltre che un singolo album. Effettivamente la storia del cantautore romano, per classe, spessore e raffinatezza, meritava finalmente la consacrazione di un crisma ufficiale e prestigioso; queste qualità sono d’altronde confermate una volta in più dal set sul palco del Petruzzelli, un’onda sontuosa di levigatezza ed emozione. Fabi presenta la sua band, in cui militano musicisti appassionati e di razza come Pier Cortese e Roberto Angelini, e sottolinea l’importanza che i riconoscimenti siano collettivi, per poi lanciarsi in interpretazioni sentite e quasi sofferte sulle note di Una buona idea, Solo un uomo (tra chitarre struggenti, archi sintetici e coda strumentale tra jazzato e visionario-psichedelico), Costruire ed Ecco. Il penultimo brano è spesso cantato dal pubblico in un’empatia con la band e Niccolò, con umiltà e discrezione, non esiterà a ringraziare il coro del teatro (e qualcuno, forse da un palco, risponderà con “grazie a te”); la chiusa strumentale è di un’intensità lancinante. La titletrack dell’album premiato risulta un connubio perfetto di rock ed eleganza, di grande impatto emotivo.

L’ospite successivo è Renzo Arbore, che dimostra ancora una volta la sua passione per il jazz non solo quando ricorda la sua giovinezza di musicista dei night, che viveva come un onore la possibilità di esibirsi a Bari, ma soprattutto quando, accompagnato dagli Arboriginals, offre al pubblico un saggio live dal suo album …My American Way!, progetto che ricanta in chiave jazz e in lingua inglese alcuni classici italiani, tra cui Anima e core, eseguita al Petruzzelli, che diventa How Wonderful To Know. Poi è tempo di dichiarati omaggi, a Modugno, definito da Arbore “non l’inventore della canzone all’italiana, ma della canzone italiana” (Piove), a Dino De Laurentiis, con lo scherzoso e divertente brano omonimo, il cui protagonista è un improbabile aspirante attore, ed infine proprio a Tenco con Lontano lontano, dedicata al Club ed interpretata con un filo di commozione per l’affiorare dei ricordi legati a Luigi.

Si scherza su rapporti di coppia, famiglia, infedeltà e tradimenti con le canzoni di Vergassola (la classica Marta, con cui vinse il festival di Sanscemo nel 1992) e le poesie canticchiate di Riondino (dalla serie sui pesci, Triglia, l’unico pesce monogamo, e Paguro, il mollusco che ruba il posto ai suoi simili), per poi accogliere sul palco il vincitore della Targa per il 'Miglior interprete di canzoni non proprie', ovvero Mauro Ermanno Giovanardi. Con lui sul palco la splendida voce di Barbara Cavaleri, Riccardo Tesi con la sua fisarmonica e il Sinfonico Honolulu, orchestra di ukulele con cui l’ex voce dei La Crus ha inciso le canzoni dell’album premiato, Maledetto colui che è solo.
A consegnare la Targa è Timisoara Pinto (Radio Rai), che evidenzia come il riconoscimento glorifichi un lungo percorso da interprete; l’esibizione di Giovanardi, sicura e consapevolmente fascinosa, parte con Ho visto Nina volare, tratta ovviamente dall’ultimo album di De Andrè, Anime salve (tra l’altro Targa Tenco per il miglior album nel 1997), per poi proseguire con il singolo di Sanremo 2011, Io confesso, con gli acuti della Cavaleri nelle parti affidate nella versione originale del brano al soprano Susanna Rigacci. In scaletta anche Storia d’amore, portata al successo nel 1969 da Adriano Celentano, con basso e fisarmonica pulsante, la Livorno di Ciampi-Marchetti e un duetto con Fabi sulle note di Vento d’estate, di cui gli ukulele esaltano l’anima acustica nel caratteristico riff.

Se il grande assente annunciato è Cesare Basile, vincitore della Targa per il'"Miglior album in dialetto', la chiusura è affidata invece a Vinicio Capossela, che, prossimo al suo 13° concerto natalizio al Fuori Orario di Taneto di Gattatico, è più che contento di suonare a Bari nei giorni della festa di San Nicola: “da sempre fan” di un santo che nella sua visione personale dipinge come “emigrante, un po’ disgraziato, olivastro”. Vinicio allestisce una sorta di “suite di Santo Nicola”, a cui – come ricorda sul palco – aveva dedicato anche il radioracconto di Natale I cerini di Santo Nicola, che immaginava arrivare su una 127 rossa con le tavole al posto delle ruote, trainata dai cani. Recita un estratto dello spettacolo, la presentazione del Santo, che racconta di aver inventato l’idea dei doni, non avendone mai ricevuti, ma di aver lasciato poi il compito di recapitarli a Babbo Natale, colpito dall’avidità della gente. “Dei desideri non mi fido: bisogna fare attenzione a quel che si desidera, ché poi è capace che si avvera”, afferma il Santo nel racconto recitato da Vinicio; il suo Santo Nicola per sé tiene solo i cerini che danno il dono dell’eloquio, che consentono di non restare da soli, perché “siete voi il dono l’uno per l’altro e se i vostri desideri non si sono avverati, almeno li potete raccontare”.

L'esibizione al Premio Tenco è invece un desiderio realizzato per Capossela, che canta e suona al pianoforte allora la delicata I cerini di Santo Nicola, con suoni quasi da orchestra di giocattoli. Seguono la stralunata, graziosa e a suo modo poetica fantasia de ll paradiso dei calzini e il ritmato, malinconico inedito voce e bouzouki (di Dimitris Kotsiouros) Cammino e straparlo (Vadizo kai paramilò), presentata per la prima volta dal vivo poco tempo prima all’Ohibo di Milano: si tratta di un brano che sarà contenuto nel prossimo album dell’orchestra di musica greca Evì Evàn, che si dedica al rebetiko dal novembre 2007.
Anche Capossela conclude il suo set con due omaggi, tutti pugliesi, uno al “cantaprotestautore” Enzo Del Re, nato a Mola di Bari, che Vinicio aveva voluto con sé al Primo Maggio 2010 e al Premio Tenco (qui a fianco in una foto con la sua immancabile sedia su cui portava il ritmo delle parole), e uno a Nicola Di Bari (originario non del capoluogo di regione, ma di Zapponeta, nel foggiano). Di Enzo Del Re Capossela, scusandosi in anticipo per la sua pronuncia del molese (gli sembra più difficile del greco – aggiunge, ricordando implicitamente il suo album Rebetiko Gymnastas) propone Scitt’ra, che l’autore di Lavorare con lentezza aveva inciso nel suo primo album, Maul (1972) e aveva cantato proprio al Tenco nel 2010, mentre di Di Bari interpreta il successo del 1970 Vagabondo.

Tra cover e ricordi, come è potuta mancare la nostalgia? Grazie alla leggerezza, ma anche alla sostanza ideale e senza tempo dell’emozione, al talento dei premiati e degli ospiti, alla conduzione poco pomposa, alla ricerca della qualità nell’oggi che caratterizza le rassegne del Club Tenco. Il passato illumina il presente, che ha il sapore e l’abito musicale vivo e coinvolgente dei tempi quotidiani, tempi in cui la bellezza e la forza di ideali e pensieri profondi lottano contro la crisi dell’economia e dei sentimenti, nei percorsi accidentati e accaniti dell’arte. 

 

 

 

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In dettaglio

  • Data: 2013-12-08
  • Luogo: Teatro Petruzzelli, Bari
  • Artista: Targhe Tenco 2013

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