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Drupi

Girare il mondo ma tornare sempre a casa.

Arrivo al Teatro Lirico a metà pomeriggio per intervistare Drupi, prima del concerto che ci sarà alle 21.00 e la cosa incredibile su cui rifletto e di cui non mi capacito è che sarà la prima volta che si esibisce a Milano in oltre 50 anni di carriera. C’è molta attesa quindi per questo live, che vedrà il suo ‘debutto’ a 76 anni nel capoluogo milanese. Le prove si protraggono però per molto tempo e solo poco prima delle 20.00 riesco ad intervistarlo, direttamente sul palco del Teatro Lirico, ormai Teatro Giorgio Gaber. Da dove si inizia a raccontare una carriera così lunga avendo poco tempo a disposizione? E mentre mi pongo la domanda tutto scivola via in maniera naturale, perchè lui si siede e sfodera un grande sorriso e un semplice "possiamo iniziare". Questo è Giampiero Anelli, classe 1947, e questo è quello che ci ha raccontato…

 

Domanda d’obbligo sui tuoi esordi. Hai iniziato nel 1970 con il 45 giri Che ti costa, come leader del gruppo Le Calamite, denominati i Beatles di Pavia. Che ricordi hai di quel periodo?
Ho ricordi belli, perché eravamo giovani, pronti a sperimentare, anche se quel pezzo, insomma, era un po’ così così. Era un fermento vero, c’era voglia di suonare, di stare su un palco, c’era la consapevolezza di essere dentro un cambiamento musicale e che ognuno di noi poteva aggiungere qualcosa.

Il tuo bacino di esperienze partita dalla provincia pavese, soprattutto dal suo capoluogo. A proposito, vivi ancora a Pavia?
Sempre, mai abbandonata.

Oltre 50 anni di carriera con 20 album alle spalle, 14 dischi d’oro, 15 milioni di dischi venduti, centinaia di concerti in tutto il mondo (certamente in Europa, ma anche negli Stati Uniti, in Russia, Canada... nella foto in basso uno scatto preso da un suo concerto a Toronto), cosa ti spinge ancora a scrivere canzoni e fare concerti, molti dei quali all’estero?
La risposta è semplice ma sincera: perché mi piace, mi diverto. E poi, non è un mistero, amo andare a pescare, ma a pesca non puoi andarci sempre quindi seguo l’altro mio amore che è appunto la musica.

Il tuo momento di massimo successo l’hai avuto tra gli anni ’70 e ’80, una stagione sicuramente irripetibile visto la popolarità toccata. Ti sei domandato dove nasceva quel tuo grande successo, non solo commerciale ma anche di simpatia?
Sinceramente non lo so… Fortuna? Forse solo un caso, certo è che alcuni brani erano davvero a fuoco e rappresentavano al meglio il mio modo di essere, incarnavano fino in fondo la grande passione che ho avuto per la musica. Ma poi, tu pensi che se io sapessi la formula magica per avere successo divulgherei in segreto?

 

Domanda difficile ma diventa anche curiosità personale, a quale canzone sei più legato?
Potrei dire Vado via, il brano che nel 1973 (con cui partecipò a Sanremo ma che non arrivò in finale) mi ha permesso di farmi conoscere al grande pubblico. Mi ha aveva dato finalmente la consapevolezza di potermi esprimere attraverso la musica, in altre partole di iniziare davvero a poter fare questo lavoro meraviglioso.

Accennavo prima ai tuoi concerti all’estero. E non mi riferivo solo agli “anni d’oro”, ma anche a tempi più recenti, come ad esempio nell’estate scorsa, nel 2023 con i sold out che hai inanellato a Zurigo, Praga, Vienna, Cracovia, nei paesi Baltici…
Difficile dare una risposta precisa, spiegare i motivi esatti di tanto calore che mi arriva da fuori confine. La chiudo semplicemente dicendo che negli anni, concerto dopo concerto, ovunque siamo andati abbiamo seminato bene.

Anche questo concerto al Teatro Lirico Giorgio Gaber è praticamente sold out, uno dei teatri più importanti e prestigiosi di Milano e non solo, dove dicevamo in apertura ti trovi a suonare per la prima volta. Provo a mettermi nei tuoi panni e credo che sia una sensazione bellissima e particolare al tempo stesso, o sbaglio?
Milano mi ha sempre fatto paura, perché nel periodo in cui ero primo in classifica, a Milano nei grandi teatri ci venivano i cantautori, un po’ gli pseudo intellettuali. Io invece facevo il ‘Pop’, un Pop nazional popolare e mi sembrava di essere fuori luogo. Piano piano quando cominci a dire no una volta, poi due e cosi via, poi non ti chiama più nessuno a Milano. Questa volta invece sono tornato, ma sinceramente pensavo in un teatro meno imponente. Quando mi hanno detto al Lirico mi sono tornati alla mente ricordi bellissimi. Mi son detto, ehi, qui negli anni '60 ho visto Duke Ellington che accompagnava Ella Fitzgerald e Gaber è venuto qua più volte. Devo dire che oramai manca poco all’inizio del concerto e mi tremano un po’ le ginocchia, è un posto straordinario.

 

Hai partecipato ben 8 volte tra il 1973 e il 1995 al Festival di Sanremo, dove il tuo miglior piazzamento è stato un terzo posto con Soli nel 1982. Che ricordi hai delle tue partecipazioni?
Sarà strano da dire ma io non ricordo niente, tranne la prima volta che mi hanno buttato fuori. Non ho ricordi, né aneddoti. Non voglio sembrarti spocchioso o irriconoscente, ma davvero non ricordo nulla di particolare che meriti di essere appunto ricordato.

Della serie che se ti dovessero richiamare l’anno prossimo, per dire…?
Sai, ogni stagione ha i suoi frutti ed io i frutti che potevo dare nella ‘stagione’ di Sanremo li ho dati. Sembra banale dirlo ma adesso è tutto un altro mondo, un’altra musica; intendiamoci, rispettabilissima, ma ora mi sentirei fuori luogo dovendo partecipare ad una “gara”. E poi, sinceramente, devo dire che dopo tanti anni di carriera fare domanda per andare al Festival mi scoccia un po’. Se qualcuno mi chiedesse vuoi venire a Sanremo sarebbe un’altra cosa… Ecco, così lascio una porta aperta (ride)

Il nuovo singolo Il gatto e il topolino scritto con Dorina Dato (moglie e compagna di lavoro, qui insieme nella foto), è il preludio per un nuovo album?
Penso di sì, perché abbiamo un sacco di materiale. Con questa data chiudiamo questa stagione di concerti e per un bel po’ di mesi mi dedicherò a lavorare sul nuovo album.

 

Cosa farai stasera nel concerto?
Un po’ di brani nuovi e poi i classici e come bis vorrei fare anche una canzone di Fabrizio De André, visto che oggi è il venticinquesimo anniversario della sua scomparsa.

Hai ancora una grande passione per la pesca?
Assolutamente sì! Quando uno ha la passione per il silenzio e per i suoni che la natura ti offre con la pesca, non l’abbandoni. Ho lasciato il cavallo, il motocross per un fatto proprio fisico, perché mi rompevo tutto, ma la pesca no. Pesca e musica rimarranno ancora per tanto tempo.

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Appena terminata l’intervista scendiamo dal palco, giusto in tempo, perchè cominciano ad entrare i primi spettatori. Il concerto inizia puntualissimo alle 21.00 e dura ben due ore e mezza, con una band di cinque elementi oltre a tre coristi, inclusa la moglie Dorina. Mentre trovo il mio posto incrocio voci e sguardi di un folto e caloroso pubblico, anche proveniente dall’estero. Scambio qualche parola e trovo spettatori che arrivano dalla Svizzera, dalla Polonia, dalla Repubblica Ceca… Parte il live e l’entusiasmo cresce rapidamente, toccando l’apice quando si canta tutti insieme i suoi grandi successi come Era bella davvero, Regalami un sorriso, Vado via, Soli, Provincia, Piccola e fragile.
Il tutto è inframmezzato da un Drupi loquace e divertito nel raccontare, con ironia, aneddoti e ricordi del Festival di Sanremo (otto in tutto, mica pochi…) e dei molti concerti vissuti in teatri e palazzetti in tutto il mondo. Durante la serata c’è spazio anche per qualche ospitata, come il riuscito e divertente siparietto con Enzo Iacchetti, con cui duetta in Sereno è.
Ma il ricordo più toccante che mi rimane è il travolgente finale dei bis, che include un tributo a Fabrizio De André con Fiume Sand Creek e una corale versione con il pubblico che canta Sambariò. Con gli occhi cercavo i miei “vicini” giunti da extraconfine per il gusto di sentirli cantare in italiano.
Li ho visti, li ho sentiti, alla fine avevano gli occhi lucidi e la voce roca.
Missione compiuta Giampiero, Milano ti ha aspettato per tanto tempo e tu stasera non l’hai delusa.

P.S.: lo dicevamo nel titolo, si può girare il mondo con la propria musica, ma per qualcuno la voglia di tornare a casa rimane il vero carburante per ricominciare (veduta di Pavia dall'alto)


 

 

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