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Canzoni&Parole - Festival di musica italiana ...

  di Annalisa Belluco  ‘Canzoni & Parole’ il festival della canzone d’autore italiana organizzato dall’Associazione Musica Italiana Paris che ha esordito nel 2022 è pronto a riaccendere le luci della terza ...

Anansi

Nella tela della musica

È possibile vivere, a 22 anni, la musica come una passione e farne comunque il proprio lavoro? Parlando con Anansi, si direbbe proprio di sì. L’Isola ha incontrato l’artista trentino, all’anagrafe Stefano Bannò, per andare alla scoperta di un personaggio interessante che ha partecipato purtroppo con poca fortuna all’ultimo Festival di Sanremo, gareggiando nella sezione Giovani. Il brano che Anansi ha proposto si intitolava Il sole dentro e ha lanciato l’album Tornasole.

 

Ciao, Anansi! Benvenuto a L'Isola. Quando hai iniziato a fare musica?
Ho cominciato a fare musica all’età di 9-10 anni circa, imparando da autodidatta a cantare e a suonare la chitarra e a livello più dilettantistico il basso e le percussioni. Pian piano, inizialmente un po’ per gioco, poi per passione, ho iniziato a comporre le mie prime canzoni.

Come nasce il nome Anansi?
Anansi è nato durante la mia permanenza in Irlanda. Mi ero appassionato alle storie di questa creatura a forma di ragno e mi intrigavano le sue capacità di metamorfosi e la sua proverbiale astuzia mai violenta. In qualche modo ho ritrovato la mia musica e il mio carattere nelle peculiarità di Anansi. Una notte sognai che un personaggio legato alla mia infanzia mi posava un ragnetto sulla testa e ho interpretato questo sogno come un segno, una benedizione.

Sei stato subito eliminato da Sanremo. Forse la tua musica non rispecchiava i classici schemi festivalieri?
Sanremo è quasi sempre stato legato a un certo contesto e a una determinata “tradizione” della canzone, anche se bisogna ricordare che da lì sono passati anche artisti e band “poco convenzionali” come Caparezza, Frankie Hi-Nrg, Subsonica e Pitura Freska, solo per nominarne alcuni. In un certo senso, ero anch’io un artista “poco convenzionale” per il Festival di Sanremo.

Parlami di “No Racism”, la tua prima canzone che era già a sfondo sociale.
Tenendo ovviamente conto dei limiti che si possono avere nella scrittura di una canzone a sfondo sociale in età adolescenziale, “No Racism” fu molto importante per me, perché ebbi modo di fare miei alcuni temi e melodie che fino ad allora avevo assorbito, ascoltando artisti “di protesta” come Bob Marley, Bob Dylan e in seguito Ben Harper.

Nel tuo curriculum c’è anche una collaborazione con Roy Paci. Come è nato l’incontro con questo grande trombettista?
La collaborazione è nata un po’ per caso nell’estate del 2009. Con la mia band, i Buffalo Soldiers, avevo partecipato a un contest musicale di cui Roy era il presidente di giuria. Vincemmo il contest, e Roy apprezzò così tanto il mio stile che nel giro di un paio di settimane mi chiamò, chiedendomi di entrare a far parte della famiglia Aretuska. Con lui ho avuto modo di suonare in tutta Europa e negli Stati Uniti e di partecipare come interprete e co-autore a “Latinista”, il suo ultimo album.

Hai scritto sia in italiano che in inglese. Con quale lingua oggi ti trovi più a tuo agio?
In realtà, solo da qualche mese a questa parte ho cominciato a scrivere in italiano. Mi si è aperto un mondo nuovo, che ha ampliato la mia ricerca e la mia voglia di sperimentazione. Ho dunque scoperto che non ci sono lingue di serie A e lingue di serie B. Esistono diversi linguaggi, registri e lingue di cui mi posso servire in base alla necessità.

Subito dopo Sanremo hai pubblicato un cd.
Si tratta del mio secondo album solista che è uscito con Warner Music proprio nel bel mezzo del Festival, il 16 febbraio. L’album si intitola “Tornasole” perché, come una cartina tornasole, cambia colore al contatto con sostanze acide o basiche. Il disco ha diversi colori al suo interno, diverse tematiche trattate e soprattutto diversi generi: si passa dal reggae a sonorità più r’n'b/hip hop fino ad arrivare a pezzi rock più spinti.

Nel nuovo disco figurano Frankie Hi-Nrg, The Bastard Sons of Dioniso e Bunna degli Africa Unite. Collaborazioni importanti…
Sì. La varietà dell’album ha permesso appunto di affiancare tre esponenti di generi diversi tra di loro. Frankie Hi-NRG appare in “La Realtà”, un pezzo contraddistinto da sonorità rap ed elettroniche che gioca con i termini “realtà”, “immagine” e “immaginazione”, contestualizzandoli nel mondo odierno. Bunna canta con me in “Can’t Stop My Music”, un pezzo scritto in difesa della musica intesa come arte, espressione e professione da rispettare e da promuovere, e ispirato anche dall’esilio del Rototom Sunsplash fuori dai confini nazionali. Il pezzo con gli amici conterranei Bastard Sons Of Dioniso, “Carpe Diem”, è invece una critica a chi, nel tentativo di monetizzare ogni singolo momento ed aspetto della vita, finisce per non viverne neanche uno. Tutto questo in chiave “hard’n'roll”, come direbbero i Bastard.

Cosa ti è rimasto della tua esperienza al Festival di Sanremo?
Sanremo da ormai 61 anni è il Festival della canzone italiana, da cui sono passati i grandissimi della musica del nostro Paese, dunque solo per questo sono molto felice di aver potuto calcare il palco dell’Ariston. Ritengo che il Festival sia stato una grande vetrina per promuovere la mia musica. Già quella è stata una piccola vittoria.

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