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Giuseppe Anastasi

Canzoni ravvicinate del vecchio tipo

Chi pensa di non conoscere la musica di Giuseppe Anastasi si sbaglia. Basta nominare infatti soltanto tre canzoni per iniziare a prendere familiarità con questo nome: Sincerità, La notte e Controvento, tutte canzoni portate a Sanremo dalla cantante Arisa e arrivate rispettivamente prima, seconda e ancora prima in tre edizioni diverse (2009, 2012, 2014) del Festival della Canzone italiana. Ebbene, l’autore di queste (e molte altre) canzoni della cantante lucana è proprio Giuseppe Anastasi. Se poi si va con la mente all’ultima edizione di Sanremo, neanche qui viene a mancare la presenza di Giuseppe Anastasi come autore e produttore: se nella categoria Nuove proposte vediamo l’esordio di Valeria Farinacci con il brano Insieme (un'intensa e bella canzone a giudizio di chi scrive) tra i Big troviamo invece Michele Bravi e la sua Il diario degli errori (scritta da Anastasi insieme a Cheope e Federica Abbate). Sarete d’accordo che non è certo da tutti, nell’attuale panorama autoriale italiano, poter vantare un numero così consistente di canzoni “piazzate” a Sanremo.

Non siamo qui però per ripercorrere la carriera di Giuseppe Anastasi come autore per altri. Venerdì 19 gennaio è uscito infatti Canzoni ravvicinate del vecchio tipo, il primo album di Giuseppe Anastasi come cantautore. Sebbene Anastasi sia a tutti gli effetti da sempre (almeno in maniera ufficiosa) un cantautore, la pubblicazione di questo disco segna un momento importante non solo per la sua carriera individuale, ma più in generale anche per tutti quei nomi che fino ad oggi sono rimasti dietro le quinte della musica italiana a firmare molti dei successi che sentiamo dentro e fuori Sanremo. Chi scrive ha atteso la pubblicazione di 'Canzoni ravvicinate del vecchio tipo' con il desiderio, se non addirittura la certezza, di chi vuole tornare a provare quell’emozione che può dare solo il primo ascolto dell’ultimo lavoro di un artista che si apprezza (con la differenza che qui il disco non è l’ultimo di una lunga serie bensì il primo). È questa un’emozione irripetibile in quanto già dal secondo ascolto si può dire subentri una reazione diversa, direi più razionale, perché va in qualche modo a ricordare le sensazioni e i pensieri avuti durante il primo ascolto per ogni canzone contenuta nel disco.

Il titolo dell’album si rifà, come spiega lo stesso Anastasi, al film Incontri ravvicinati del terzo tipo di Steven Spielberg. Qui la curiosità sta nel capire a cosa è dovuto l’utilizzo di quel “vecchio” che di primo acchito può sembrare un termine dalla connotazione negativa. È lo stesso Anastasi a tal proposito a spiegare come tutto il disco nasca con la precisa intenzione di non inserirsi in un tipo di sonorità prevalentemente elettroniche che la fanno da padrone oggi, per ritornare ad una dimensione più acustica e, diciamolo, tipicamente cantautoriale. La volontà di Anastasi è quella di scrivere canzoni che, anziché puntare su un successo commerciale immediato ma destinato al contempo ad esaurirsi nel giro di qualche settimana, possano rimanere, essere ascoltate ed emozionare anche a distanza di tempo dalla loro pubblicazione. L’ascolto del disco conferma in pieno queste sue parole. Per chi aveva avuto modo di ascoltare nei mesi scorsi il brano 2089 e farlo in qualche modo già suo, si può dire che il viaggio all’interno del disco inizi di fatto solo con il brano Salsedine, le cui sonorità riescono già da sole a trasportare l’ascoltatore nello spazio descritto dalle parole di Anastasi, quello di una spiaggia in cui poter “ricaricare le batterie” in attesa di tornare alla vita urbana (e a tutto quello che ciò implica, frenesia e abitudinarietà su tutte). A cantare i cori del brano probabilmente è la moglie di Anastasi, anche lei cantante e insegnante musicale presso il CET di Mogol. Nell’album c’è spazio per molte tematiche diverse tra loro: dall’analisi della società attuale, in particolare nel suo rapporto con la realtà virtuale e i “valori” che questa diffonde (Nella rete), passando per l’attaccamento e la nostalgia verso la propria terra d’origine (Trinacria, brano composto da tempo dall’autore e cantato in dialetto siciliano), fino ad arrivare a riflessioni più generali sull’uomo, nei suoi rapporti tanto con la religione (L’aldiqua) quanto con l’aspetto esteriore (Lo specchio, anche questo un brano che Anastasi custodiva nel cassetto da tempo e di cui si può trovare su internet una versione casalinga risalente ai tempi in cui neanche l’autore stesso sapeva dove sarebbe arrivato di lì a poco).Qui il link al video

Menzione speciale per il tema della paternità che trova spazio in 2089 così come in Ricominciare, secondo singolo estratto dal disco e forse il brano con la storia ed il testo più intensi tra tutte le 11 tracce. Clicca qui per il video

Giuseppe Anastasi si conferma uno degli autori, anzi possiamo finalmente dire dei cantautori, più forti da un punto di vista strettamente testuale che gli ultimi dieci anni hanno visto. Lui racconta sempre, scherzando, che scrive canzoni per evitare a se stesso lo psicologo. Ma la sua non è certo un’utilità autoreferenziale. Non si vince infatti Sanremo per caso: lo si vince perché le storie e le parole delle canzoni vincitrici arrivano al cuore e parlano anche di tutte le persone che le ascoltano, non solo di chi le scrive. E a chi sostiene che si è dovuto attendere il 2018 per vedere scendere in campo, anzi salire sul palco, i famigerati “parolieri” (Giuseppe mi scuserà per l’utilizzo di questo termine), Anastasi risponde – ed io con lui – “sempre meglio che il 2089!”

Foto di Marta Lispi

 

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In dettaglio

  • Anno: 2018
  • Durata: 38:00
  • Etichetta: Giuro/Universal

Elenco delle tracce

01. 2089
02. Salsedine
03. Nella rete
04. Quando passa Maria
05. Ricominciare
06. L’aldiqua
07. Trinacria
08. Carta da parati
09. Giuseppe
10. Lo specchio
11. Zonzo

Brani migliori

  1. 2089
  2. Ricominciare
  3. Giuseppe

Musicisti

Valter Sacripanti: batteria  -  Antonio Lusi: basso  -  Massimo Satta: chitarre  -  Cristian Pratofiorito: tastiere