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Andrea Cubeddu

Eudaimonia

Questo lavoro di Andrea Cubeddu si presenta bene fin dalla copertina curata da Delia Carta, con un evidente (almeno per me…) omaggio all’arte di Andrea Pazienza, nell’uso degli oli, dei colori caldi e del lettering. Potrà sembrare un particolare secondario, nell’epoca (ormai al tramonto) del CD, ma come ben sanno i vecchi amanti del vinile, l’artwork era (e in parte continua ad essere) un elemento significante, niente affatto accessorio, rispetto all’opera che va ad illustrare. “Eudaimonia” (termine dell’antico greco nata per crasi fra “eu”, bene/buono, e “daimonia”, mania, invasamento religioso, quindi, in soldoni, buona possessione) è un disco che può spiazzare, perché a un primo ascolto potremmo scambiarlo, per l’uso di certi strumenti e la creazione di determinate atmosfere, per un lavoro di stampo sostanzialmente folk, legato fortemente all’area mediterranea.

In realtà è molto di più, perché se è vero che dalla musica etnica Cubeddu, artista sardo con già tre album alle spalle (di cui i primi due in inglese), trae ritmiche, bordoni, finanche riff modali, dall’altro canto sembra felicemente distaccarsene, alla ricerca di una dimensione autorale che cerca nella Grecia classica, quelli dei miti sacri e talvolta feroci, delle maestose opere epiche, dei pensieri dei filosofi, un punto di appoggio ben saldo. Si tratta, come recita il bel libretto allegato, di un personale percorso verso la ricerca della felicità, in continuo oscillare tra lucidi pensieri e tumultuose passioni.

 

Capite bene che siamo di fronte a un album poco conciliante con le mode del momento. Ad eccezione forse di Cambia, il brano più ‘ballabile’ perché più vicino a certi stilemi delle danze popolari (per questo, a mio parere, il pezzo più debole), in Eudaimonia lo stacco tra un brano e l’altro appare minimo, perché ciò che conta è il flusso, il flusso continuo che può indurci alla possessione, appunto, all’invasamento, a renderci etimologicamente vasi vuoti, atti ad accogliere il sacro, o l’ancestrale, se preferite.

Le canzoni si appoggiano al suono delle corde (chitarre, bouzouki, violoncello, violino) e delle percussioni, con incursioni sparse di sax. Difficile, per quello che dicevamo poc’anzi, selezionarne qualcuno. La colonnina qui a fianco lo esige, e va beh, ne butterò là tre come vengono, ma almeno qui lasciatemi vigliaccamente defilare e indicarne una sola, cioè Sabbia, ipnotica e autoanalitica. I testi di queste otto canzoni hanno un non so che di ieratico. Appaiono pietrosi, incastonati in un profondo passato remoto (“quando l’arte diede i suoi frutti e il vino novello mostrai agli amici/ attratti dai suoi benefici/ in abbondanza ne bevvero tutti”, in Aletis) oppure in un presente apodittico (“Tu che passi qui davanti e pensi di fermarti un attimo soltanto/ lascia che la meta tua t’attenda, resta, non avere fretta e presta ascolto al canto”, in Tragoudò) o comunque espressione di intima confessione (come l’Edipo che in Cecità dice: “La vista l’ho tolta e non basta/ ancora m’acceca nel buio il saper/ L’onta mia/ è il paterno miasma”).

Andrea Cubeddu offre queste parole con canto gentile, ben amalgamato al tappeto musicale, e in certi punti (ma solo in certi) può ricordare, per l’uso della voce, il primo Alan Sorrenti, quello che ancora non aveva avuto in sogno la terribile rivelazione di essere figlio di una stella (e pronipote di Sua Maestà il Denaro, come chiosò perfidamente qualcuno…)

Ma più forte, a meno che non sia una mia vana suggestione, è forse l’esempio caposseliano, del Capossela che esplora i lati nascosti dell’inconscio popolare in “Canzoni della cupa” o che sperimenta delle forme di canto su moduli medievali o rinascimentali (penso al recente “Bestiario d’amore” o al lavoro, ben più lontano nel tempo, in collaborazione, pur se solo vocale, con Philippe Eidel sui sonetti di Michelangelo Buonarroti).

E quindi, tirando le fila, Eudaimonia si impone come lavoro di densità, di pensiero di intenzioni superiori, anche rispetto alla scena autorale contemporanea. Per questo faticherà forse ad imporsi, e per questo è ancor più necessario che lo cerchiate, lo troviate, gli facciate sentire la vostra amorevole presenza.

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Alessandro Osella
  • Anno: 2021
  • Durata: 39:05
  • Etichetta: Self Realesed

Elenco delle tracce

01. Tragoudò
02. Cecità
03. Sabbia
04. Naufragi
05. Aletis
06. Amori a metà
07. Cambia
08. Sirena

Brani migliori

  1. Sabbia
  2. Sirena
  3. Tragoudò

Musicisti

Andrea Cubeddu (voci e chitarre) - Rita Brancato (percussioni) - Elena Sguarzon (contrabbasso e voci) - Francesco Di Giorgio (violoncello e voci) - Louise Antonello (violino) - William Pettenuzzo (sax) - Tomamso Girardi (bouzouki).