Loro sono The Jackie O’s Farm, un gruppo che difficilmente troveremo sui palchi sanremesi; non perché non se lo meriti ma perché questi giovani rappresentano l’altra faccia dell’Italia. Quell’Italia indie, dalle sonorità esterofile, che non ha nulla da invidiare ai suburbans londinesi o alle scene del punk californiano, che imbraccia le chitarre ed è capace di creare un rock maturo, valido, che non ti annoia.

A due anni dal loro primo disco Hard Time For Blonde Surfers, in cui già veniva fuori il talento dei cinque ragazzi, ritornano con una produzione edita dalla Forears: Sandland.

Un titolo che apre la mente e che ci fa pensare a spazi incontaminati in cui perdersi con lo spirito e con il fisico, in cui correre o restar fermi a guardare un cielo infinito che si apre sulle teste, il tutto con in sottofondo le dieci tracce dell’album.

Sono proprio pezzi come Wide Awake, Change Your Mind, Coffe and Cover che ti immergono in una realtà parallela, e ti raccontano di storie comuni e relazioni fornendo una lente attraverso cui guardare il mondo. Provate ad ascoltare Sandland nel vostro iPod, e vedrete come la città assumerà colori diversi attraverso i riff dei due chitarristi Giacomo Vaccai e Federico Silvi, la batteria di Federico Melosi, il basso di Francesco D’Angelo, il tutto condito con tastiere, synth, cori e percussioni. 

Di tutti i brani dell’album non ve ne è uno che risulti meno interessante dell’altro, si fa fatica a scegliere il migliore, proprio perché Sandland è un lavoro omogeneo, diretto, da sentire e risentire; e anche perché, già al secondo ascolto, le melodie risulteranno familiari e ogni canzone sarà entrata nell’anima.

Eccolo l’altro lato dell’Italia, quell’Italia che non parla solo di amore, che lascia da parte gli acuti potenti e mostra il suo asso nella manica, quella novità che arriva proprio quando si stava cominciando a pensare che non ci fosse più nulla di nuovo.

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