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Simone Cristicchi

Nel mezzo di cammin di nostra vita... ci trovi la bellezza.

 In un sabato di marzo lo spettacolo ‘Paradiso. Dalle tenebre alla luce’ di Simone Cristicchi arriva nel cuore della toscana: il Teatro Caos di Chianciano Terme. Il teatro non è grande, è vero, ma è pieno fino all’orlo, un sold-out come si dice in questi casi (Simone si trova a suo agio davanti a 200 persone così come a 2.000, il pathos e la resa finale non cambiano). Essere riusciti a portare in un teatro di provincia tante persone che vengono a vedere, sentire, uno spettacolo che parla di introspezione, spiritualità, letteratura, natura, rende merito all’artista Simone Cristicchi che già solo per questo merita un plauso. Dopo aver assistito allo spettacolo, a maggior ragione, non possiamo che rafforzare ulteriormente questo ringraziamento per come si è avvicinato (e ci ha avvicinato) a un tema tanto effimero quanto difficile, con una tale delicatezza e semplicità da renderlo cristallino.                          

Lo spettacolo si vede e si ascolta: c’è il racconto, ovvio, ma la canzone è una costante che accompagna lo spettatore dall’inizio alla fine regalando momenti di incantevole suggestione e bellezza. Una ‘canzone” messa al servizio e non fine a sé stessa, sintetizza l’idea, il concetto, la sensazione di cui le parole parlano mentre l’attore racconta. Racconta e non recita, perché Cristicchi arriva sul palco come un uomo e non come attore, crea immediatamente un’empatia diretta, diventa ‘uno di noi’ che racconta il suo viaggio e insieme quello dell’umanità intera di cui parla anche Dante nella sua Divina Commedia. Se si potesse raccontare la letteratura nelle scuole così come Cristicchi ci racconta Dante Alighieri a teatro, molte cose si muoverebbero in direzioni diverse nel mondo; ma gli insegnanti non sono artisti (o meglio, in un certo senso lo sono anche, ma ci siamo capiti…) e la scuola è un’altra faccenda, dannatamente più statica.
Per vivere l’esperienza della poesia, della musica, della canzone e dell’umanità che tutte queste forme d’arte e d’espressione ci regala, andare a teatro o ad un concerto può aiutare molto, perché la bellezza esiste ma spesso bisogna saperla cogliere e apprezzare. Così il pubblico che va a teatro a vedere e sentire lo spettacolo ‘Paradiso’ coglie il fiore del giardino dell’Eden che Cristicchi dal palcoscenico gli porge e torna a casa rinnovato, forse arricchito, sicuramente cambiato.                            

  Lo abbiamo incontrato in questa sua tappa toscana e ci siamo fatti raccontare qualcosa in più sullo spettacolo e sulla sua figura di artista a 360 gradi.  

 

 

È affascinante l’idea di mettere in scena uno spettacolo teatrale tratto da un’opera così importante come la Divina Commedia, opera che naturalmente trasmette un messaggio universale. Qual è per te questo messaggio? Come possiamo tradurlo in poche semplici parole e in che modo sei riuscito a metterlo all’interno dello spettacolo ‘Paradiso. Dalle tenebre alla luce’?
A mio avviso la grande idea di Dante Alighieri è quella di aver reso una metafora perfetta della vita dell’essere umano come iniziazione, percorso di purificazione. Partendo da uno stato di confusione, di caos, quindi dall’osservazione del nostro inferno personale, della nostra interiorità, delle nostre ombre, passiamo successivamente a una fase di purificazione, di catarsi dal demone che ci abita e dalla malvagità che ci attraversa per poi riuscire a intravedere pian piano la parte invisibile, la parte divina, che è il Paradiso, l’aldilà, un’altra dimensione o semplicemente diventare puro spirito, a seconda anche delle tradizioni religiose. Dante è principalmente cristiano quindi la Divina Commedia è intrisa di cristianesimo però utilizza anche delle simbologie esoteriche, è un grande conoscitore della filosofia perenne. Il mio spettacolo ‘Paradiso’ parte proprio da questa dichiarazione, cioè, la nostra vita è un viaggio dalle tenebre alla luce, dobbiamo attraversare il nostro inferno per riuscire ad arrivare a ricongiungerci alla luce divina e quello che ci può portare al divino è operare per il bene, il bene e il divino sono un po’ la stessa cosa. Dante alla fine al 33° canto del Paradiso vede questa luce immensa e quando riesce a guardare dentro quella luce trova specchiato il suo viso, il divino-specchio, l’uomo che si fa divino, quindi in noi dovrebbe esistere secondo Dante, ma anche secondo gli gnostici, una scintilla divina che è presente in ogni essere umano.

 

C’è quindi un forte messaggio spirituale, ma in che modo l’arte ci guida e ci può essere utile non solo per trasmettere questo messaggio ma anche per viverlo?
Sicuramente il teatro è un rituale, per come lo vedo io. Il mio teatro vuole recuperare quella liturgia antica in cui davvero avviene una catarsi nel pubblico e nell’attore per cui si esce fuori dallo spettacolo con un qualcosa che ti ha smosso dentro la coscienza. I miei spettacoli non sono mai accomodanti o consolatori, pongono tante domande e vogliono rivelare quelli che sono gli interrogativi importanti di ognuno di noi. In questo lavoro, ma anche in altri, io parlo al pubblico. In questo soprattutto mi interrogo sull’idea di Paradiso e in quanti modi si possa declinare questo concetto, ed ecco perché nello spettacolo ci sono tanti temi, non solo Dante Alighieri. Certo, parto da Dante e concludo con lui ma dentro c’è l’idea dell’aldilà, l’altra dimensione, ci sono le coincidenze, i segnali che arrivano nella nostra vita che ci fanno intravedere qualcosa d’altro oltre la materia, il mondo dell’invisibile, le stelle, l’astrologia, il grande libro della natura, che ci insegna continuamente, fino ad arrivare a delle esperienze proprio intime, personali, che ho vissuto e che racconto.

Quindi c’è l’artista Simone Cristicchi dentro a questo spettacolo, non solo a livello performativo ma anche e soprattutto a livello autorale…
Sì, è uno di quegli spettacoli dove racconto per la prima volta anche delle cose mie intime, mi metto in gioco, mi metto a nudo e questo amplifica molto il rapporto con lo spettatore, diventa uno scambio tra esseri umani.

 

A proposito di Simone Cristicchi artista a tutto tondo, che nasce prima come cantautore, musicista e si approccia solo in un secondo momento al teatro. Com’è stato passare da un linguaggio a un altro e com’è anche adesso giocare con i vari linguaggi, a livello artistico e professionale?
Ho cominciato nel 2010 perché volevo sfidare me stesso, volevo realizzare un monologo senza musica, senza canzoni. Sono riuscito a farlo, lo spettacolo si chiamava “Li romani in Russia” (qui in basso una foto di repertorio). Andò molto bene, con più di 300 repliche è stato il mio biglietto da visita; alla regia c’era Alessandro Benvenuti e devo dire che ho avuto dei grandi maestri in questo senso. Poi sono approdato al Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia nel 2013 e ho realizzato il mio primo spettacolo vero e proprio, che poi abbiamo definito musical civile ‘Magazzino 18’ che tuttora, da molti anni, continua a girare. Nel frattempo ho fatto altri spettacoli, almeno quattro o cinque, dove ho sempre avuto un ottimo riscontro di pubblico. Ecco, la canzone la utilizzo sempre, anche in questo spettacolo ce ne sono diverse inedite. Per me la canzone è sempre fondamentale però il teatro, la drammaturgia, il fatto di voler raccontare una storia e farlo direttamente in scena piuttosto che dentro un disco mi piace di più, perché c’è questo scambio umano di vibrazioni con il pubblico. Con una canzone si riesce magari ad arrivare a milioni di persone in un secondo, in tre minuti, come succede a Sanremo, e io ci sono stato nel 2019 l’ultima volta con Abbi cura di me, ma con il teatro è più one-by-one, uno per uno, quindi un lavoro più paziente. Per me è la un’isola felice dove poter creare, ho un’idea e la metto in scena.

 

Rimane evidente che il contatto con il pubblico è più stretto all’interno di un contesto teatrale…
Sì, a livello emotivo è anche più appagante rispetto a un passaggio in radio o un passaggio in televisione. La radio ti rende popolare, ma qui si crea un’affinità, un affetto con il pubblico che dura e non tradisce rispetto al mondo della musica, anche questo poi mi ha portato a fare più teatro.

Un’altra curiosità: il testo di Dante chiaramente non è un testo facile, so che in alcuni punti sono stati musicati proprio i versi originali, come è stato lavorare su un testo simile?
L’idea era proprio quella di musicare l’inizio del 33° canto del Paradiso che è una preghiera alla Vergine Madre e renderla quindi una canzone. Io ho affidato questo compito al Maestro Walter Sivilotti che è un grande compositore con cui collaboro da tanti anni e abbiamo realizzato questa canzone: musicando i versi di Dante li abbiamo resi cantabili e sono contento del risultato, lo considero un esperimento riuscito, una bella sfida che siamo riusciti a vincere. Per il resto Dante nello spettacolo è un’ombra che si aggira, c’è sempre perché il tema è quello però non è la solita esegesi dantesca, come è stata fatta da tanti, da Benigni in poi, è più che altro l’attitudine che ho avuto io: quella di un uomo che entra dentro a un museo, si lascia attraversare dalla bellezza che vede e non vuole capire, non vuole sviscerare… io porto in scena quello che ha generato in me lo studio del Paradiso di Dante.

Si diceva del tuo essere presente in più ‘ruoli’ e in più spettacoli in questi anni. Cosa ci dobbiamo aspettare dal poliedrico Simone Cristicchi nel prossimo futuro?
I prossimi progetti sono legati alla mia attività più musicale: porterò in giro un concerto quest’estate che si chiama ‘Lo chiederemo agli alberi’, dedicato al tema della natura e della spiritualità, sarò con un trio acustico. Poi c’è il concerto mistico per Battiato che faccio insieme ad Amara ed è già dall’anno scorso in tournée, adesso continua nei teatri, c’è Milano, Genova, Bologna, Senigallia, Cattolica e tante altre date che si stanno aggiungendo, anche in estate, continuerò quindi in parallelo sia il mio concerto sia quello dedicato a Battiato.

Le foto dello spettacolo 'Paradiso' sono di repertorio a cura di Edoardo Scremin

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