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Il Teatro degli Orrori

A sangue freddo

«È un mondo diverso che voglio
altro che storie
senza né despoti né preti
più giusto e libero se vuoi
dove abbracciare
il sole il mare la terra l'amore
…quanto ti manca l'amore?»

 

Non è facile approcciarsi a quello che può dirsi l’abum più atteso di questo 2009. Non è facile approcciarsi al secondo disco di una band che con il proprio esordio ha già fatto la storia di questo decennio.  I pregiudizi positivi, o le prese di posizioni negative sono i minimi rischi connessi alle enormi aspettative che Il Teatro degli Orrori porta con sé, la questione di come è stato possibile creare la “ricetta perfetta” del rock made in Italy può diventare la questione su quale sarà la degna replica del primo miracolo. Giulio Favero & soci rispondono semplicemente amplificando i propri orizzonti esplorativi, rendendosi più accessibili per esser più universali, calandosi a bracciate nell’epoca storica che vivono, confrontandosi con le patologie del pubblico e del privato senza rinunce. Ironia, romanticismo, letterarietà e iperrealismo, la “solita” voce istrionesca e nasale di Pierpaolo Capovilla che elenca, cita, dilania e viviseziona una realtà che sembra lasciata a se stessa, finché non arrivano i nostri a impadronirsene per commentarla, contestualizzarla, innalzarla a bandiera, renderla storia di tutti noi. Come la morte dell’attivista nigeriano Ken Saro-Wiwa (a cui viene dedicata la title track), l’egotismo populista dell’Italia contemporanea, l’incomunicabilità nei rapporti di coppia, la deriva autoritaria, l’eredità culturale e sociale da cui parte e con cui si confronta ogni esser umano adulto sulla coda degli anni zero . A sangue freddo è un album religioso, che continuamente si rapporta e si ferisce con i dogmi, la spiritualità, la fede in ogni suo sbocco propulsivo, in controtendenza col cinismo e l’imperante agnosticismo analfabeta e pretenziosamente polemico, è un continuo terzo grado al divino, e si permette pure di riscrivere il Padre Nostro. A sangue freddo è un album politico, lo stendardo che lanciato sul paese lo divide in due tra chi vuole e chi non vuole riflettere, tra chi vuole pesare sulla realtà e chi pensare alla realtà. A sangue freddo è un album squisitamente italiano, che cita De Gregori e Celentano decontestualizzandoli come fossero classici ormai pronti ad un trattamento da ready made Duchampiano, è un memento mori pronto a stravolgere il passato per fare spazio al futuro. Vengono comunque scagliati dardi e ispirazioni ovunque, dal nume tutelare di Majakovskij a cui viene intitolato il brano omonimo alla decadenza da mitteleuropa underground con cui viene chiusa l’opera (Die Zeit), è forte la presenza di un diverso con cui sostenersi, come nelle dinamiche d’Amore («non posso più sopportare i miserabili al potere/ solo le disperazioni mi fanno sentire ancora vivo/ e ho fame d’amore/ e ti desidero»). Il sentimento difatti non abbandona mai i solchi tracciati, anzi è evocato dal «surroud sonico» del gruppo, una miscela innovativa di stilemi rock tradizionali, asciutta, immediata ma assolutamente ricercata nella sua complessità di dettagli (l’album è stato magistralmente registrato alle Officine Meccaniche di Mauro Pagani, e si avvale della partecipazione di membri di formazioni illustri come Zu, Aucan, Bologna Violenta e Belly Beetroots), evolvendo il malessere potente già in nuce nel nugolo low fi dell’esordio. Il Teatro degli Orrori si prende le responsabilità di una generazione («E' colpa mia/ se siamo diventati indifferenti/  più poveri più tristi/ e meno intelligenti/ è colpa mia/ che non mi curo delle tue speranze/ forse perché delle idee/ non so più che farne »), affronta a sangue freddo il male e il bene, gridando e sussurrando un apocalisse che punisce con la verità piuttosto che con i giudizi, finendo per farci vergognare di ciò che lasceremo ai posteri (l’amara allegoria del nostro destino si conclude con un «Figlio mio ci pensi un giorno tutto questo sarà tuo»).

A sangue freddo è un opera perfettamente contingente, volutamente ambientata nell’autunno del 2009, un rompighiaccio nella pellicola fumosa da cui i nostri emergono fin dalla copertina, a chiusura di un decennio problematico e di un anno cruciale, specchio finale delle rese del passato, ma soprattutto delle sfide lanciate al presente, alla lotta per rivitalizzare i valori – di ogni tipo – di una collettività atrofizzata. E ovviamente è l’album dell’anno.

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Teatro degli Orrori
  • Anno: 2009
  • Durata: 53:33
  • Etichetta: La tempesta

Elenco delle tracce

01. Io Ti Aspetto
02. Due
03. A Sangue Freddo
04. Mai Dire Mai
05. Direzioni Diverse
06. Il Terzo Mondo
07. Padre Nostro
08. Majakovskij
09. Alt!
10. E' Colpa Mia
11. La Vita E' Breve
12. Die Zeit     

Brani migliori

  1. Io ti aspetto
  2. Direzioni diverse
  3. Die Zeit

Musicisti

Pierpaolo Capovilla: voce
Giulio Favero: basso
Gionata Mirai: chitarra
Francesco Valente: batteria

Jacopo Battaglia: batteria in Padre Nostro e Die Zeit
Giovanni Ferlenga: chitarra solista in La vita è breve
Nicola Manzan: violini
Francesca Gaiotto: pianoforte in Alt!
Paola Segnana: pianoforte in Io ti aspetto
Richard Tiso: basso in La vita è breve
Robert Tiso: bicchieri in Io ti Aspetto e Die Zeit
Bob Rifo: elettronica in Direzioni Diverse