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Marlò

Il tempo delle cose

Nel libro del Qoelet è scritto che la durata del tempo delle cose è stata posta nel loro cuore senza che l’uomo possa trovare una ragione del loro compimento. Senza scomodare oltre la sapienza biblica, questa suggestione parrebbe essere una sintesi credibile delle riflessioni che la cantautrice pescarese Federica Di Marcello, in arte Marlò, ha maturato prima di scrivere il suo secondo album Il tempo delle cose. Uscito a gennaio 2024 per Musica di seta, il disco suona come un invito ad affidarsi al tempo, più che tentare faticosamente di possederlo.

Il tempo è un concetto pieno di contraddizioni. Indica una durata misurabile e ci spiega che lo siamo anche noi. È intangibile, eppure fatichiamo a separare il suo corso dallo spazio. Può indicare stasi o movimento. Esiste a prescindere oppure non esiste proprio ed è una dimensione dell’anima, come diceva Sant’Agostino. È un avanzo o uno spreco. È un contenitore della vita che cambia forma in base alla nostra percezione. Nel suo disco, Marlò lo usa come una lente di ingrandimento per descrivere i vari piani in cui il compimento delle cose si intreccia, oppure no, con le nostre relazioni, le nostre volontà, i nostri sentimenti, le nostre incongruenze, i nostri ricordi e le nostre speranze. Anche se l’album non è stato scritto come un concept, tutte le canzoni si reggono su nuclei di significato temporali che ispessiscono la dimensione narrativa.

 

«Il tempo delle cose l’ho già perso ostinandomi a cercare il senso» canta Marlò nella canzone che dà il titolo al disco. Certo, nella vita non si può sempre aspettare. Il nostro rapporto con il tempo replica il dualismo tra fato e necessità, che è nato molto prima del cosmo. Il racconto incede nella riflessione sullo scarso tempismo delle nostre aspettative, sull’inganno delle attese, ed è imperniato sulla maturazione, magari parziale, dell’idea che il “per sempre” può essere un concetto dispersivo se viene meno il sentimento. Però sembra ribaltare in maniera progressiva il punto di vista: siamo noi che misuriamo il tempo o è il tempo che misura noi? Si può dare una misura al proprio tempo? La risposta arriva a metà disco, nel brano La misura del tempo: «la misura del mio tempo è l’amore che do».

Ai pezzi scritti da Marlò aderiscono tre brani in cui la cantautrice figura come interprete: Cento volte Penelope, inedito di Alessandro Di Zio e Giampiero Mariani, Domani di Lucio Dalla, pescata dal disco “Canzoni” del 1996, e la rivisitazione di Tutte le funtanelle, canto abruzzese interpretato con Setak e posto a chiusura dell’album (ne avevamo parlato qui). Queste ultime due canzoni, in particolare, creano uno schema orizzontale in cui la memoria senza tempo dialoga con un futuro che sembra così vicino da tendere all’infinito.

Marlò concede un privilegio sostanziale alla melodia. Questo le permette di dare centralità alla propria voce e al proprio timbro, creando omogeneità interpretativa e al tempo stesso varietà emotiva. Il gioco melodico delle canzoni viene arrotondato dalle anafore vocali, dai cori e dagli arrangiamenti curati da Giampiero Mariani, che si reggono sull’essenziale e avvolgente dialogo tra chitarre e movimenti sintetici, con qualche comparsa del pianoforte. Dal punto di vista musicale Marlò, co-produttrice del disco, intende creare un’atmosfera in cui muovere la propria voce e ritrovare la propria immagine. Questo è già un fatto poetico nella sua scrittura. L’autenticità del canto passa da questa cornice sonora e figurativa, che allarga il respiro musicale unendo passaggi blues al folk e a un pop ritmato e gustoso, cercato anche attraverso la struttura metrica e sintattica. Le canzoni arredano una stanza precisa e colorano una stagione precisa. È un disco buono per l’inverno, la stagione delle fiabe, che un tempo non ce l’hanno, ma anche delle solitudini. È ambientato in uno scenario onirico eppure estremamente tangibile per le cose che racconta. Non per forza universale, ma realistico. Nell’uso delle figure retoriche e nella scelta delle parole, questo lavoro rafforza una poetica riconoscibile. Nell’intreccio dei brani si può cogliere qualche fulmineo richiamo tematico al suo primo album “Intro” (ne avevamo parlato qui) in cui, chissà, la spinta emotiva che sta alla base di questo nuovo lavoro si era già adagiata, silenziosa.

Marlò ha pubblicato Il tempo delle cose a 8 anni di distanza dall’album precedente. In questo tempo gastrico che ha reso abulico l’ascolto e ha frullato la produzione, quello che appare un semplice dettaglio temporale, appunto, in realtà ci ricorda che le canzoni sono legate alle cose che ci accadono, a quello che abbiamo da dire a riguardo e a come lo vogliamo dire. Soprattutto quando l’obiettivo, come in questo caso, è dichiarato fin dall’inizio: «resto fedele al mio canto».

foto di Viola Gandolfi

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Giampiero Mariani e Federica Di Marcello
  • Anno: 2024
  • Durata: 28:06
  • Etichetta: Musica di Seta

Elenco delle tracce

01. Richiami

02. Il tempo delle cose

03. Tra un milione di anni

04. Cento volte Penelope

05. La misura del tempo

06. Ogni vita

07. Domani (Lucio Dalla)

08. Sul divano o nell’angolo del mondo

09. Tutte le funtanelle (feat. Setak)

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